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Cosa pensano i “nostri” cinesi quando ci sorridono? “Cuore di seta” di Shi Yang Shi

Shi Yang Shi

Cuore di seta. La mia storia italiana made in China

Milano, Mondadori, 2017

 

Io sono cinese. E sono italiano. Mi sento un albero anfibio in grado di vivere sia nell’acqua sia sulla terra, ma con le radici sprofondate nell’eredità culturale e spirituale degli uomini, a partire da quella dei miei antenati.

È così che si descrive l’autore del libro, usando una metafora che ben si accosta alla realtà da lui vissuta e fornendoci subito numerosi spunti di riflessione e quesiti ai quali rispondere.

Come si sente chi nasce in un Paese ma cresce e vive in un altro? O chi già nasce e cresce nel “nuovo Paese” ma le sue radici, le sue origini e spesso la sua educazione familiare hanno sede altrove? Un altrove che in questo caso è la Cina e il suo ricco patrimonio fatto di tradizioni, storia e cultura. Ed ecco che si ripresenta l’attuale tema – non ancora adeguatamente affrontato – delle seconde generazioni cinesi in Italia. Una doppia identità?

Yang, arrivato in Italia con la madre nel 1990 poco più che bambino, prova a descriverlo attraverso la sua testimonianza: calvari legali e burocratici, pregiudizi, solitudine, nostalgia, crisi interiori. Ma anche orgoglio, riscossa, obiettivi raggiunti e successi che hanno in parte ripagato i sacrifici affrontati. Dopo quasi trent’anni dal suo arrivo in Italia e vari lavori per mantenersi e aiutare la sua famiglia (da lavapiatti a interprete), Yang è oggi un uomo professionalmente realizzato, convive a Milano col suo compagno e ha ancora tanti sogni e progetti da realizzare.

“Positivo, sole, oceano”: tutto ciò significa il suo nome Yang nelle sue molteplici accezioni (Shi, il cognome, significa invece ‘pietra’), che lo scrittore-attore ha scelto di mettere al centro del suo nome d’arte anche per ovviare agli inevitabili equivoci e giochi linguistici della lingua cinese. Shi Yang Shi, come a voler dire “Chiamatemi come preferite: il mio yang resterà sempre centrale!”

La sua è una storia utile a tutti: a chi ha vissuto e vive una situazione simile, per trovare il coraggio di affrontare la sua identità, le sue origini, le sue relazioni familiari e sentimentali; e a chi non conosce la realtà di chi arriva in Italia per migliorare la propria condizione e si fa spesso guidare da pregiudizi e luoghi comuni. Questi ultimi scopriranno contraddizioni, difficoltà, paure e speranze proprie di ogni essere umano, senza distinzioni.       

Tra autobiografia e romanzo, con una scrittura scorrevole e una lingua matura, Yang ripercorre le tappe della sua vita in Italia alternandole a flashback di ricordi della sua infanzia in Cina. 

Un altro viaggio importantissimo lo compie all’interno di sé – e quindi nel libro – ed è quello della sua identità sessuale. Durante l’adolescenza scopre la sua omosessualità e all’inizio, più per paura della reazione dei suoi che per dubbi personali, la confusione è tanta. Racconta del difficile rapporto con i genitori – oltre che per i problemi economici e per l’assenza del padre – soprattutto perché loro non accettano l’idea di avere un figlio omosessuale, in una società dove la tradizione vuole che il figlio maschio si sposi e tramandi, con i suoi figli, il nome della famiglia.

Un “cuore di seta” che arriva alla sua accettazione, anche e soprattutto delle proprie radici, da non perdere. Negli ultimi anni Yang è tornato in Cina, nella sua città natale e in visita ai nonni ancora in vita, con cui aveva condiviso molti momenti d’infanzia, e dopo un intenso viaggio in Tibet ha anche deciso di abbracciare la fede tibetana. Ed è proprio accettando e accogliendo in pieno le proprie radici e origini che si può guardare verso il futuro, verso la modernità, verso i propri sogni, seguendo le proprie inclinazioni e in accordo con la propria personalità.

È questa la scommessa più grande: Yang tenta, cade, spesso sbaglia, ma solo così riuscirà a capire chi è davvero e cosa vuole. Un viaggio che ogni essere umano dovrebbe fare dentro di sé. 

E quindi: cinese o italiano? I cinesi direbbero banana, giallo fuori e bianco dentro. Ma Yang la sua identità ben definita ha saputo trovarla e conquistarsela e dentro di sé lo sentirà bene: cinese e italiano. Una somma che arricchisce, non una sottrazione che toglie.

E questo, pur con tutte le contraddizioni e i conflitti interiori, rappresenta la sua più grande ricchezza. 

(Tatiana Camerota)

 

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