Piero Calamandrei.
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Nota biografica
Nato a Firenze nel 1889, Piero Calamandrei si laureò in legge a Pisa nel 1912 con Silvio Lessona; nel 1915 fu nominato per concorso professore di procedura civile all’Università di Messina; nel 1918 fu chiamato all’Università di Modena, nel 1920 a quella di Siena e nel 1924 alla nuova Facoltà giuridica di Firenze, dove ha tenuto fino alla morte (1956) la cattedra di diritto processuale civile.

Partecipò alla Grande Guerra come ufficiale volontario combattente nel 218° reggimento di fanteria. Negli anni dell’ascesa del fascismo fece parte del consiglio direttivo dell’«Unione Nazionale» fondata da Giovanni Amendola e fu tra gli animatori del Circolo di cultura di Firenze promosso da Salvemini e dai fratelli Rosselli, collaborando al «Non mollare». Nel 1941 aderí a «Giustizia e Libertà» e nel 1942 fu tra i fondatori del Partito d’Azione.
Assieme a Francesco Carnelutti e a Enrico Redenti fu uno dei principali ispiratori dei Codice di procedura civile del 1940, dove trovarono formulazione legislativa gli insegnamenti fondamentali della scuola di Chiovenda. Si dimise da professore universitario per non sottoscrivere una lettera di sottomissione al «duce» che gli veniva richiesta dal Rettore del tempo.
Nominato Rettore dell’Università di Firenze il 26 luglio 1943, dopo l’8 settembre fu colpito da mandato di cattura, cosicché esercitò effettivamente il suo mandato dal settembre 1944, cioè dalla liberazione di Firenze, all’ottobre 1947.
Presidente del Consiglio nazionale forense dal 1946 alla morte, fece parte della Consulta Nazionale e della Costituente in rappresentanza del Partito d’Azione. Partecipò attivamente ai lavori parlamentari come componente della Giunta delle elezioni della commissione d’inchiesta e della Commissione per la Costituzione. I suoi interventi nei dibattiti dell’assemblea ebbero larga risonanza: specialmente i suoi discorsi sul piano generale della Costituzione, sugli accordi lateranensi, sulla indissolubilità del matrimonio, sul potere giudiziario. Nel 1948 fu deputato per «Unità socialista». Nel 1953 prese parte alla fondazione del movimento di «Unità popolare» assieme a Ferruccio Parri, Tristano Codignola e altri.
Accademico nazionale dei Lincei, direttore dell’Istituto di diritto processuale comparato dell’Università di Firenze, direttore con Carnelutti della «Rivista di diritto processuale», con Finzi, Lessona e Paoli della rivista «Il Foro toscano» e con Alessandro Levi del «Commentario sistematico della Costituzione italiana», nell’aprile del 1945 fondò la rivista politico-letteraria «Il Ponte».
Calamandrei e Montepulciano
Nel cinquantenario dalla scomparsa del giurista e costituzionalista Piero Calamandrei (1889-1956), Montepulciano ha voluto ricordarlo non solo con un convegno di storici, che si è tenuto in maggio, su I linguaggi della memoria civile, ma anche dedicandogli una delle sue manifestazioni più popolari e tradizionali, il Bravio delle botti. Ed il panno che è stato consegnato alla contrada vincitrice (Le Coste) lo rievoca simbolicamente, ispirato com’è alla figura del fantoccio meccanico Pulcinella, che batte con un martello le ore sulla campanella dellla torre che fronteggia la chiesa di Sant’Agostino.

Questo personaggio, che scandisce il tempo da secoli a Montepulciano, è il protagonista di una favola giovanile di Piero Calamandrei, che in paese trascorreva le vacanze fin dall’infanzia, nella casa rievocata nell’Inventario della casa di campagna. Nella favola L’orologio di Pulcinella, Calamandrei immagina che un bel giorno il fantoccio, stanco di scandire le ore, scenda dalla torre, fermando improvvisamente il tempo e bloccando gli abitanti in un’atmosfera sospesa. E’ così che lo ha raffigurato il pittore Paoli, quasi che Pulcinella schiuda lo spazio ludico della festa, con la botte del vino, simbolo dell’operosità di Montepulciano, trasformata in elemento di gioco.
Per Calamandrei Montepulciano evoca l’atmosfera magica dell’infanzia e della natura: è per lui il luogo di riposo e di contemplazione della quintessenza del paesaggio toscano, che descrive nelle sue pagine più intime e letterarie e nei suoi quadri. E’ anche il luogo dell’incontro amoroso, nel lontano 1908, con Ada Cocci, la compagna della sua vita, nipote del medico condotto del paese, a cui dedica lettere appassionate ora raccolte in Ada con gli occhi stellanti. Ed è a Montepulciano che Calamandrei trentenne, professore universitario a Siena, scrive una delle sue prime commemorazioni, in onore dei caduti poliziani nella Grande Guerra, inaugurando quello stile della memoria civile che maggiore notorietà acquista nel secondo dopoguerra, con la famosa epigrafe Lo avrai camerata Kesselring.
Nel panno del Bravio due altri elementi figurativi ricordano Calamandrei. Uno è il cipresso, così spesso raffigurato nei suoi quadri, simbolo della antica civiltà etrusca in cui affonda le radici quella toscana. L’altro è la bilancia della giustizia, il suo logo,in cui la rosa fa da contrappeso al codice delle leggi, in quanto il sentimento e l’umanità devono sempre prevalere sulla lettera della legge. L’unica differenza rispetto a questo logo che contrassegnava la sua carta da lettere ed anche la copertina della sua opera L’elogio dei giudici, stavolta sul libro è scritto Costituzione, per ricordare quanto Calamandrei ha contribuito alla stesura della nostra carta fondamentale dei diritti, recentemente riconfermata nel referendum dai cittadini.
Grazie alla disponibilità delle eredi Silvia e Gemma Calamandrei, la nostra Istituzione conserva una parte significativa delle carte di Piero Calammandrei, di cui è stato redatto l’inventario scientifico:
Archivio Piero Calamandrei. Inventario, a cura di Francesca Cenni, Siena, Amministrazione Provinciale, 2015