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Un ricordo della scrittrice Yang Jiang: “Questo gatto”

Yang Jiang

Questo gatto

Milano, Edizioni Henry Beyle, 2017

 

Rivoluzione culturale, rieducazione nelle campagne, movimento Sanfan: è in questo sfondo storico-politico che si inserisce il racconto breve Questo gatto, pubblicato lo scorso settembre dalla Henry Beyle, una piccola casa editrice che cura opere ricercate in edizioni eleganti e raffinate a tiratura limitata.

Un racconto leggero, scorrevole, delicato, grazioso. Scene di vita familiare inserite in un periodo di cruciale importanza per la Cina e per la scrittrice stessa. Ma la bravura di Yang Jiang – che ha dedicato buona parte della sua produzione letteraria a raccontare e ricordare gli avvenimenti e le esperienze vissute allora – sta nel creare una cornice più intimista, privata; nel dare respiro, umanità ed evasione dalle contraddizioni e difficoltà proprie di quegli anni.

E allora ecco che ci presenta il suo Macchia, che a tratti risulta più umano di alcuni esseri umani. Chi ha avuto o ha un gatto vi riconoscerà molte delle scene raccontate: un vispo cucciolo di gatto che si offende se viene trattato male, si arruffiana per avere qualcosa in cambio, si prende i suoi spazi ed esprime a suo modo paura e gioia. La paura, ad esempio, di essere accudito dalla nuova governante Mamma Guo, una megera cattiva e vendicativa che lo tratta male e fa rimpiangere l’anziana Mamma Li, molto più affettuosa e simpatica. Come a voler rappresentare un approccio diametralmente opposto nel rapporto tra mondo umano e mondo animale. Sullo sfondo, il marito Qian Zhongshu (altro famoso intellettuale e scrittore cinese), chiamato affettuosamente Mocun, e la figlioletta Yuanyuan.

Yang Jiang vanta una lunga e ricca biografia personale e professionale. Fine intellettuale, scrittrice e traduttrice, la sua è una formazione cosmopolita e all’avanguardia per l’epoca, tra la Cina, la Francia e l’Inghilterra. Ha curato, da Pechino, le edizioni di molte opere straniere fino a compiere la sua personale impresa: studiare da autodidatta lo spagnolo per poter tradurre in cinese il celebre Don Chisciotte di Cervantes. Opera che le è valsa, da un lato, un’onorificenza del re di Spagna, mentre in Cina è stata censurata durante la Rivoluzione culturale.

La presente pubblicazione può essere considerata un omaggio che la sua già traduttrice Silvia Calamandrei (ricordiamo, tra le altre traduzioni, Il tè dell’oblio) ha voluto dedicarle dopo la sua scomparsa, avvenuta nel 2016 a quasi 105 anni. Nel 2011, le due donne e, dopo una lunga corrispondenza epistolare, ormai amiche si erano incontrate nell’appartamento pechinese della scrittrice cinese, in occasione del suo centesimo compleanno. (Qui un ricordo che la stessa Calamandrei ha scritto su Yang Jiang dopo la sua morte, dove traspare tutta la sua ammirazione e gratitudine: http://www.biblioteca.montepulciano.si.it/node/810 )

E dunque, tornando al nostro gatto: “Il cane è attaccato al padrone, il gatto alla casa”, recita un proverbio. Ci piace sperare, con un’immagine dolce e rassicurante come lo era il volto di Yang Jiang, che il nostro Macchia, pur nella sua natura felina e nonostante l’insperato epilogo, sia stato sinceramente attaccato, oltre che alla casa, anche alla sua cara padrona.

(Tatiana Camerota)

 

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