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Un testo nuovo per una importante ricorrenza: “La Resistenza perfetta “di Giovanni De Luna

“Ho pensato ai giorni antichi e ho avuto in mente gli anni eterni”

Giovanni De Luna

 

La Resistenza perfetta

 

Milano, Feltrinelli, 2015

 

Per il Settantesimo della Liberazione Giovanni De Luna ha trovato la ciliegina da mettere sulla torta, prendendo spunto da un microcosmo che nelle montagne piemontesi riunisce in armonia aristocratici monarchici e partigiani comunisti, cattolici ferventi e miscredenti o banditi, protagonisti e sostenitori di una “Resistenza perfetta” che sboccia dopo lo sbandamento dell’8 settembre, si nutre delle persecuzioni subite dai nazifascisti e si consolida fino a farsi vittoriosa. Protagonisti la giovane Leletta d’Isola della nobile famiglia dei Malingri e Pompeo Colajanni, l’avvocato siciliano comandante della brigata Garibaldi con il nome di battaglia di Barbato. Un miracolo di armonia durato meno di due anni, in una esperienza intensissima destinata a ripiegare e frantumarsi nel ritorno alla normalità. Nel dopoguerra Leletta prenderà i voti religiosi, mentre Colajanni sarà protagonista di una lunga carriera politica come esponente del Partito comunista. C’è una bella citazione da Pennac che De Luna premette alla narrazione: “Nella lotta contro l’invasore mi è sempre sembrato che la Resistenza, per quanto composita, formasse un corpo unico. Tornata la pace, il grande corpo ha restituito ciascuno di noi al suo mucchietto di cellule personali e quindi alle sue contraddizioni”. Il castello dei Malingri a Villar diventa rifugio e base di sostegno per i partigiani e luogo di incontro e dialogo: lo registra Leletta nel suo diario, pubblicato nel 1993, poco prima della sua morte. Tra lei e Colajanni il dialogo era continuato e lui l’aveva sollecitata in tal senso. De Luna ha potuto attingere alla versione integrale, ma per la narrazione della Resistenza in quella zona si vale anche di tante altre memorie, in particolare quelle di Artom, Luraghi, Modica “Petralia” e Burdino.Lo sguardo della giovanissima Leletta è comunque il punto di vista più illuminante, e la notizia con cui il saggio si conclude, che dal 2012 si è aperta la causa per la sua beatificazione, ci sottolinea non solo l’ardore della sua fede, ma anche la passione civile che l’ha contraddistinta nella vita. Scrivendo a Barbato nel 1985 si riferiva alla gloriosa epopea del periodo tragico della guerra e citava il salmo “ho pensato ai giorni antichi e ho avuto in mente gli anni eterni”. E così concludeva: “Li ho visti liberi, questi anni, dagli strati di lardo che il denaro pone sulle realtà essenziali della vita:prima fra tutte la morte. Di fonte ad essa, gli ideali politici- l’antifascismo che affratellava persone così diverse-, l’amicizia, la ricerca, la stessa povertà, acquistavano un rilievo del tutto speciale”. Offrendoci questa vicenda e questo punto di vista De Luna vuole anche rispondere ai denigratori e ai seminatori di dubbi, convinto com’è che “in nessuna altra fase della nostra vita nazionale unitaria l’Italia ha potuto maturare tanta passione civile e un tal numero di combattenti volontari come nella lotta partigiana”.

(SIlvia Calamandrei)

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