-------- Per non dimenticare: “La stalla”, di Ji Xianlin – Biblioteca Montepulciano Calamandrei
Skip to content Skip to left sidebar Skip to footer

Per non dimenticare: “La stalla”, di Ji Xianlin

Ji Xianlin

The cowshed (La stalla),

New York Review Book 2016

o La rivoluzione culturale non fu un pranzo di gala (ebook)

 

Sono passati 50 anni dal lancio della Rivoluzione culturale ed ancora gli storici in Occidente si interrogano sulle sue motivazioni e scavano negli archivi per ricostruirne le complesse e tortuose vicende, mentre in Cina si preferisce ignorare e censurare le opere ad essa dedicate.

E’ il caso delle memorie di Ji Xianlin, professore di lingue e culture orientali all’Università di Pechino, specialista di sanscrito e cultura buddista, uno dei tanti perseguitati nelle feroci lotte di fazione che si scatenarono tra le Guardie Rosse dal 1966 al 1969. Pubblicato nel 1998, in una fase di relativa rilassatezza censoria, il libro è ormai introvabile in Cina, ed è stato appena tradotto in inglese.

L’autore si decise a scriverlo lamentando la scarsità di testimonianze sulla persecuzione della comunità intellettuale, preoccupato che le nuove generazioni potessero ignorare quanto accaduto. In seguito avrebbe continuato a stupirsi della scarsità del dibattito in merito e della congiura del silenzio riguardo ad un passato relativamente recente.

Tra gli intellettuali, memorie simili le hanno scritte solo Yang Jiang,  Ba Jin e Wei Junyi, mentre quella che è maggiormente fiorita è stata la letteratura delle cicatrici dei giovani inviati in campagna, quelle Guardie Rosse disperse ai quattro angoli del paese dopo essere state mobilitate nelle persecuzioni dei quadri che avevano imboccato la via del capitalismo o delle autorità accademiche.

La rievocazione del professore, uno dei tanti rientrati dall’estero dopo la Liberazione, per mettersi al servizio della nuova Cina, non aggiunge niente di nuovo a quanto già si sapeva, ma è sistematica nel descrivere un crescendo di violenze insensate in un campus universitario e il moltiplicarsi di crudeltà e torture per infliggere umiliazioni e sofferenze a vittime le cui colpe sono spesso ancora da determinare. Vengono meno i principi basilari dell’habeas corpus e i processi e le prigionie sono governati dagli abusi della fazione più forte in quel momento. Rispetto a campagne precedenti, come i movimenti di epurazione degli intellettuali dei primi anni Cinquanta e la campagna contro la destra dopo i Cento fiori, la novità è che non sono più le strutture del Partito o dello Stato a “sorvegliare e punire”, a giudicare e infliggere pene, ma qualsiasi struttura creatasi nel movimento, con tutti i rischi della personalizzazione dei conflitti, delle vendette, ecc.

Nella osservazione minuziosa dei supplizi inflitti l’esperto di buddismo si ispira alle descrizioni infernali e si domanda se i propri allievi non li escogitino ispirandosi alle sue lezioni o alle letture dei classici. L’anarchia in cui la Cina sembra piombata crea e moltiplica microcosmi infernali. Perseguitato per essersi schierato contro la leader del movimento delle Guardie Rosse a Beida Nie Yuanzi, autrice del primo manifesto a grandi caratteri elogiato da Mao (maggio 1966), il professore riprenderà l’insegnamento dopo un periodo di prigionia e di riforma attraverso il lavoro, senza che nessuna colpa precisa sia emersa a suo carico.

Muore nel 2009, senza aver avuto la soddisfazione di vedere commenti e discussioni su quanto scritto. E’ vero che qualche ex guardia rossa ha fatto mostra di pentimento per le azioni commesse contro gli insegnanti, a volte picchiati a morte o spinti al suicidio, ma in generale si preferisce tacere sul passato e ignorare le responsabilità.

Eppure, come scrive l’autore, interrogarsi sul passato significa anche fare i conti con le proprie responsabilità, perché nei tanti movimenti di denuncia che si sono susseguiti, i ruoli di persecutori e perseguitati si sono spesso scambiati, ed è difficile trovare qualcuno esente da colpa.

Il titolo La stalla si riferisce a gli alloggi fatiscenti in cui venivano stipate le vittime, definite “spiriti buoi e demoni serpenti”, degne di essere trattate come animali.

(SIlvia Calamandrei)

 

« Torna indietro