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La trilogia noir dell’ispettore Chen Cao

La misteriosa morte della compagna Guan

Qiu Xiaolong – Venezia, Marsilio

la Cina sotto i riflettori dell’attenzione globale, abbiamo un nuovo protagonista per un  futuro serial televisivo ambientato a Shanghai: l’ispettore Chen Cao, che condivide con Pepe Carvalho il gusto della buona cucina, anche se più nella frequentazione di bettole che servono ravioli o noodles e nuovi ristoranti trendy, che in manicaretti preparati negli spazi ridotti del suo appartamentino.

 Il serial potrebbe essere una coproduzione sino-americana, dato che nel secondo episodio (Visto per Shanghai) l’ispettore collabora con la collega americana dell’U.S. Marshal Service, indagando sull’immigrazione clandestina verso gli Stati Uniti, controllata dalle Triadi

L’ispettore Chen Cao, con la sua passione per la poesia classica e la poesia modernista anglosassone è una sorta di alter ego dell’autore, Qiu Xiaolong, nato a Shanghai nel 1954, e residente a St. Louis dal 1988, dopo aver vinto una borsa di studio negli Stati Uniti per perfezionarsi in letteratura angloamericana nella città del suo poeta prediletto, T.S.Eliot. In Cina è rientrato solo recentemente per brevi soggiorni, ma non è considerato un fuoriuscito:  i fatti di Tien Anmen sono avvenuti in sua assenza.

Il successo dei suoi romanzi, scritti in inglese e tradotti in francese, tedesco, giapponese e italiano gli ha assicurato alla fine una traduzione cinese, sia pur censurata, della sua opera prima,  La misteriosa morte della compagna Guan (Marsilio 2002).

L’ispettore Chen Cao si nutre di poesia classica cinese e angloamericana, aiutandosi con citazioni poetiche per risolvere i suoi casi. Anche lui, cosí come molti personaggi chiave dei gialli ambientati a Shanghai, appartiene alla generazione forgiata nel bene e nel male dalla Rivoluzione culturale: giovani Guardie rosse mandate in campagna agli inizi degli anni ’70, che sono uscite rafforzate o definitivamente segnate da quell’esperienza di vita e che ora si misurano con la transizione cinese al capitalismo

L’ispettore è un personaggio contraddittorio, che naviga nella transizione, diviso tra lealtà al Partito, condizione ancora principale di carriera, e nuove ambizioni di sviluppo individuale e di arricchimento: il mestiere lo porta a frequentare nuovi ricchi ai margini della legalità e a essere sfiorato da sollecitazioni di corruzione; al tempo stesso la sua onestà si urta spesso anche con le ragioni di Partito, e per uscirne indenne ha bisogno di coperture ad alto livello, grazie ad una antica fiamma di Pechino, figlia di un membro del Comitato centrale. Mantiene un’onestà di fondo, ma è costretto continuamente a compromessi con il vecchio e il nuovo.

Per il lettore occidentale la godibilità, oltre che nell’intreccio poliziesco strictu sensu, è data dalla ricchezza di descrizioni sulla Shanghai di oggi e da personaggi a tutto tondo che ne rappresentano le diverse componenti: dai nuovi imprenditori ai proprietari di nights e di locali per il karaoke, dagli operai che hanno perso la sicurezza della “ciotola di riso a vita” alla manovalanza delle Triadi, dalle giovani studentesse che arrotondano con lavori di segretariato o di entraîneuse nei locali notturni ai figli privilegiati dei quadri di Partito che costituiscono ormai una nuova aristocrazia. I diversi teatri delle indagini consentono di percorrere i parchi dove la gente fa ginnastica all’alba, l’intenso traffico del Bund e delle vie centrali, i nuovi locali alla moda, i mercati rionali e i quartieri delle concessioni occidentali, con puntate a Canton e Suzhou.

Nel più recente romanzo, Il Rosse è nero, c’è un’interessante squarcio sullo sviluppo urbano di Shanghai e i nuovi progetti edilizi di riabilitazione e valorizzazione, all’insegna della nostalgia, dei quartieri europei anni venti-trenta, con i tipici edifici shikumen, trasformati in residenze di lusso e complessi turistico-commerciali. Il turista o l’imprenditore occidentale in viaggio d’affari in Cina riconosceranno gli scenari della trasformazione in atto, da quando le autorità cittadine hanno capito che un progetto di restauro dei vecchi edifici avrebbe attratto gli investitori stranieri.

L’ispettore Chen Cao prende addirittura un permesso dall’ufficio per dedicarsi alla traduzione ben remunerata in inglese del progetto, destinata ai promotori stranieri, e il nuovo caso di assassinio viene affidato al suo vice. Provvidenzialmente, il delitto si è svolto proprio in uno degli edifici anni trenta da riabilitare, affollati di una presenza plurifamigliare destinata ad essere svuotata dalla speculazione edilizia. La scrittrice assassinata, una ex Guardia rossa legatasi poi sentimentalmente ad un intellettuale in disgrazia, viveva in un mezzanino, e tra i vicini sospetti c’è un membro di quelle Squadre operaie di propaganda che occuparono le università eseguendo la direttiva di Mao “la classe operaia deve dirigere tutto”, o in altre parole riprendendo il controllo delle università dopo gli eccessi delle Guardie Rosse.

Ancora un regolamento di conti che affonda radici nel passato, tra la scrittrice ex Guardia rossa che ha fatto carriera con un romanzo controverso pubblicato all’estero e un esponente di quell’aristocrazia operaia che perde posizioni e sicurezze nella transizione? Oppure la realtà è ormai più complessa e stratificata, ed altri protagonisti del malessere della transizione sono coinvolti nella trama? Chen Cao viene in soccorso nelle indagini al sergente Yu, approfittando anche della scusa di documentarsi sull’architettura per la sua traduzione: a conoscenza dei futuri sviluppi immobiliari, riesce anche a dare un buon consiglio di investimento a Yu e a fargli acquistare ventiquattro metri quadri in un edificio shikumen: da buon navigatore nella Cina in transizione, compra anche un appartamentino per la madre, scommettendo sul balzo nei prezzi.

Insomma in questa provvisoria trilogia di un genere noir che non aveva tradizioni in Cina, Qiu Xiaolong ci offre con garbo un ritratto della transizione cinese.

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