Il libro della settimana….dal 25 al 29 agosto 2009 (in vista del Convegno di Ottobre)
Leonardo Paggi
Il “popolo dei morti”
Bologna, Il Mulino, 2009
La bufera della seconda guerra mondiale alla base della repubblica, nella documentazione degli archivi comunali
Una nuova lettura della nascita della repubblica, dalla “bufera” della guerra piuttosto che dalla resistenza, è quella che ci propone lo storico Leonardo Paggi con Il “popolo dei morti”, ispirandosi ad una espressione di Piero Calamandrei.
Frutto di un’ampia ricognizione negli archivi comunali toscani (sessanta archivi indagati), alla ricerca della memoria delle stragi naziste e dei bombardamenti americani ma altresì della opera di ricostruzione del dopoguerra, il saggio di Paggi è anche una risposta alla chiave interpretativa della”morte della patria”, facendo risalire le origini della crisi del fascismo ben prima della cesura del 25 luglio e dell’armistizio dell’8 settembre, nella bufera che si scatena nel 1940 con l’entrata in guerra.
“Bufera” è termine ripreso da Montale, l’altro intellettuale che guida Paggi nella meditazione sulla nostra storia recente, individuando nella sua raccolta di versi La bufera e altro “una compenetrazione tra esperienza individuale e storia collettiva che nessun documento di archivio potrebbe esprimere”(un intero capitolo è dedicato a Rappresentazioni della guerra. Piero Calamandrei ed Eugenio Montale).
Secondo Paggi l’esperienza della guerra assunta nel suo insieme (non solo l’occupazione tedesca, e le stragi, ma anche la guerra civile, i bombardamenti angloamericani e le catastrofi militari delle spedizioni fasciste) è il vero luogo “in cui si produce una difficile e dolorosa transizione ai nuovi ordinamenti repubblicani”.
E l’archivio comunale documenta tale esperienza, in quanto nella fuoriuscita dal fascismo il Comune si offre come cerniera di un nuovo dialogo tra istituzioni e società: “il Comune viene riscoperto dal basso, divenendo il primo centro di aggregazione di una nuova iniziativa popolare volta al censimento delle tante ferite subite e animata dal proposito di una ricostruzione immediata”. Il Comune diviene il primo erogatore di servizi di prima necessità ad una società sprofondata nella più totale emergenza.
Il costituirsi della Resistenza come “autonomo oggetto di indagine storiografica” avrebbe finito “per spezzare in due la continuità dell’esperienza bellica”, trascurando la crisi verticale tra regime e paese che si era già dispiegata quantomeno a partire dall’autunno del 1942. Solo questa crisi più vasta consente di spiegare la formazione di un “consenso repubblicano” che va molto al di là della cultura e della politica dell’antifascismo militante.
Paggi preferisce rifarsi alla lettera testamento di Giaime Pintor, e alla sua definizione di “postfascismo” per spiegare la complessa transizione ad un nuovo consenso repubblicano: una lettura in positivo ed articolata dell’opposizione al fascismo, disaggregando la cosiddetta “zona grigia”, che già altri storici hanno intrapreso , studiando il pacifismo cattolico, le varie forme di “resistenza civile” (donne, deportati, prigionieri di guerra, ecc.) e più in generale il ritiro delle delega di fuducia al regime sotto i colpi della violenza bellica.
Di Calamandrei interessa a Paggi l’interpretazione della Resistenza “più che come movimento militare” come “movimento civile”, in cui cadono le distinzioni tra combattenti e non combattenti ; nonché il riferimento alle”leggi di Antigone”, un salto nella sua problematica, che si traduce nel passaggio dalla dimensione del codice della procedura civile al diritto costituzionale e alla tematica dell'”interdipendenza” e della “giustizia sociale”. Sicuramente lo influenza il pensiero anglosassone, e la tematica del welfare;ma secondo Paggi è soprattutto “dal carattere enormemente distruttivo del secondo conflitto mondiale…che prende le mosse la sua adesione all’idea di una costituzione programma”.
A proposito dell’interpretazione del percorso di Calamandrei, in uno scambio di mail con la nostra biblioteca, dopo aver ricevuto gli atti del convegno del 2006 sul Linguaggio della memoria civile di Piero Calamandrei, Leonardo Paggi ci scrive:
“Cara Silvia,
la ringrazio per i due volumi che ho trovato rientrando, in particolare per il convegno del 2006 che
mette bene in campo una interpretazione “continuista”,nel filo di un interventismo democratico che non sarebbe mai stato rinnegato.
A me Calamandrei è interessato per ragioni opposte: come voce inconfondibile della grande rottura che la seconda guerra mondiale rappresenta nella storia d’Italia e di Europa, a conclusione di una fase evolutiva che si origina intorno al 1870 .Permane, è vero, il richiamo al messaggio dei morti, che tuttavia non ha, a partire dal 1945, alcun legame con l’idea di patria, parola ,mi sembra, ora del tutto assente nel suo lessico politico. Del resto la rottura con Salvemini e Rossi
sul grande tema della pace e della guerra basta a mettere Calamandrei in una zona di pensiero ormai
distante da quella dei suoi antichi compagni di viaggio. Non meno rilevante, e rivelatrice, la
diversità dalle posizioni che Bobbio esprime nei saggi poi raccolti in “Politica e cultura”(1955). Mentre Bobbio riabilita il liberismo di Einaudi, contro il Croce che si è spinto a sostenere una possibile conciliazione tra liberalismo ed economia programmata,in una visione solo procedurale e negativa della democrazia, Calamandrei accentua sempre più la sua adesione al programma di stato sociale (che non camufferei con il termini astorico e impolitico di “umanesimo civile”). Anche la sua sempre più pronunciata curiosità per il laburismo inglese e la rivoluzione cinese è indice di una tensione di pensiero che va ormai oltre il solco dell’azionismo. Insomma, l’immagine di un Calamandrei “moralizzatore”di violenze giuste mi sembra non solo fortemente riduttiva, ma anche assai lontana dal bersaglio”.
Si tratta di temi su cui continare a discutere ed auspichiamo che il convegno programmato per il 20 e 21 ottobre a Montepulciano sugli archivi Calamandrei ne offra l’opportunità. Stimolante altresì l’indagine sugli archivi comunali sulla transizione dal fascismo alla democrazia repubblicana e sulla promozione della dimensione del welfare nel dopoguerra: un approccio che ci proponiamo di verificare nel lavoro sull’archivio di Montepulciano dal 1860 ai giorni nostri nel progetto che la Biblioteca archivio Piero Calamandrei ha formulato nella prospettiva delle celebrazioni del 2011, 150mo dell’unità d’Italia.
(Silvia Calamandrei)