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Il libro della settimana…dal 2 al 7 aprile 2012: “Green Italy” di Ermete Realacci

Ermete Realacci

Green Italy

Milano, Chiarelettere, 2012

Il sottotitolo di questo repertorio di “buone pratiche” o “storie di successo”tinte di verde, in cui figura anche l’azienda Salcheto di Montepulciano, è Perché ce la possiamo fare: una risposta ottimista alla crisi del Presidente di Symbola, la Fondazione per le qualità italiane, che nel 2011 ha tenuto un seminario proprio a Montepulciano, sui temi della cultura come volano dello sviluppo.

Realacci, ambientalista e parlamentare del PD, crede in una nuova Italia, che faccia leva sulle sue qualità migliori, che vanno dalla tradizione artigiana all’eccellenza agroalimentare, e ci presenta una serie variegata di imprese che si sono mosse con relativa sagacia nelle acque tempestose della globalizzazione. Contro il dominio incontrastato della finanza, auspica nuovi indicatori per misurare l’economia e lo sviluppo,  il famoso BES messo a punto da Stiglitz, Sen e Fitoussi per impulso di Sarkozy ed ora approdato anche in Italia per iniziativa del CNEL e dell’ISTAT), valorizzando la qualità ed il benessere. Ovviamente vanno cambiati anche gli stili di vita, avviandosi verso la “sobrietà dei consumi”.

Gli esempi che ci vengono proposti vanno dal recupero della manualità artigiana nella confezione delle camicie,  di cui il primo cliente è il principe William d’Inghilterra, ai gadget dei cavallini della Ferrari (fusi con la tecnica a cera persa)  offerti in occasione dell’inaugurazione del parco tematico della Ferrari ad Abu Dabhi.  Non proprio esempi di sobrietà. Ma forse l’ipotesi è la sobrietà da noi e l’esportazione verso le nicchie di lusso nei paesi emergenti:  ad esempio i ricchi cinesi che preferiscono le candele profumate e non inquinanti  prodotte nella cereria di Cattolica rispetto alle puzzolenti candele low cost made in China. In effetti Realacci, ispirandosi ad una copertina della rivista “Time” invoca un paradigma della qualità, contrapponendo un po’ grossolanamente il Davide di Michelangelo, pezzo unico,  ai diecimila guerrieri di pietra di Xian (ignorando che anche loro sono l’uno diverso dall’altro).  Insomma: ci sono molti cinesi, indiani e brasiliani che sono divenuti ricchi. E i nuovi ricchi guardano a noi come modello del loro status. Ecco dunque trovati i consumatori dei nostri beni di lusso e delle nostre griffes, mentre noi facciamo i conti con la sobrietà indotta dalla crisi. Ma del resto lo stile italiano non fu esportato in tutta Europa negli anni della decadenza e dell’involuzione controriformista del belpaese?

Più interessanti e convincenti gli esempi di innovazione tecnologica e di riutilizzo di rifiuti: dalla chimica verde ai rubinetti di ottone puro senza piombo agli isolanti per l’edilizia ricavati dagli scarti della lana. E ovviamente comprovato il successo della diffusione dei pannelli solari di nuova generazione. Che ci siano piccole e medie imprese che riescono ancora a giocare la carta dell’innovazione per profilarsi sui mercati globali è una buona notizia, nonostante la mancanza di qualsiasi politica industriale e i tagli alla ricerca.

Ma Realacci confida nel geniaccio italiano e nella grinta e sostiene che perfino la formazione non è poi così importante: ne è un esempio il caso delle Winxs inventate da Straffi, inseguendo un sogno, senza avere nessuna preparazione specifica. Realacci arruola le fatine tra le promotrici di una visione ecologica, sottovalutando quanto questa sia già diffusa nei cartoni animati di qualsiasi produzione giapponese o statunitense.

Sfaccettata la buona pratica dell’azienda vinicola di Salcheto, che unisce  impegno al risparmio energetico ed eccellenza  vinicola, senza trascurare la valorizzazione delle radici territoriali, l’ecocantina e le bottiglie ecologiche. Per il territorio di Montepulciano una bella soddisfazione, assimilato com’è a quel paesaggio del Buongoverno senese (ne sa qualcosa il Monte dei Paschi) che pesa come immagine accattivante sui mercati mondiali. Nel capitolo Quando un territorio vale più di uno spot Realacci ci rispiega, dati alla mano di tante inchieste, che l’aggettivo “toscano” vale almeno qualche euro a prodotto, perché “significa accendere sinapsi che richiamano alla memoria le immagini delle colline, le opere d’arte, la qualità della vita, il sapore della cucina”.

Per questo la cultura “dà da mangiare”, sostiene Realacci contro quanto affermato a suo tempo da Tremonti: ora c’è anche il Manifesto per la cultura lanciato dal quotidiano di Confindustria a sostenerlo: speriamo che si apra una nuova stagione dopo quella dei tagli e che anche sulla cultura piova una PACCATA di miliardi.

 (Silvia Calamandrei)

 

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