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Il libro della settimana…dal 15 al 21 aprile 2012: Luciano Gallino, “La lotta di classe dopo la lotta di classe”

Luciano Gallino

La lotta di classe dopo la lotta di classe

intervista a cura di Paola Borgna

Roma-Bari, Laterza,  2012  [in cartaceo e e-book]

 

Da leggere, veramente. Se poi, come nel mio caso, corrispondesse al primo e-book, soddisfazione doppia: facile per gli occhi, rapidità, maneggevolezza, note e sottolineature con un tocco. Che bella l’espressione «cattura cognitiva»! Che sta a significare: ma è possibile, che tutti, nell’establishment politico-sindacale, ma proprio tutti, siano stati catturati dal pensiero unico della «crescita», del massimo profitto e del «trickling down effect», vale a dire che prima o poi i vantaggi ottenuti dalle imprese, dalla finanza, dalla speculazione, «percoleranno» nell’intera società?

Eppure non dovrebbe essere proibitivo che non solo pochi «marginali» si accorgano che la crisi l’ha provocata la finanza internazionale, che i governi e le istituzioni finanziarie internazionali si sono affannati a salvare con trilioni di dollari o euro le banche che erano le responsabili del  disastro, peraltro tutt’altro che scongiurato, e che ora austerità e sacrifici si chiedono pressoché esclusivamente a chi con la crisi non c’entra, invocando il pericolo della catastrofe e contrabbandando l’idea che la gente ha vissuto al di sopra delle proprie possibilità e ha provocato il rigonfiamento del debito pubblico. Eppure i dati, le cifre, stanno lì, basterebbe dargli un’occhiata spassionata. È possibile?

Purtroppo è proprio possibile, ci dice Luciano Gallino, e c’è una spiegazione, che sta nel  titolo del libro-intervista: la lotta di classe non si è mai fermata, perché non c’è solo quella dal basso verso l’alto, delle classi popolari contro le classi dominanti, ma anche quella dall’alto verso il basso, delle seconde contro le prime. E partire dagli anni 1980 la lotta di classe dall’alto si è scatenata, e malauguratamente ha vinto. Ha vinto finanziarizzando l’economia, delocalizzando, mettendo i lavoratori del Nord del mondo contro quelli del Sud, producendo guadagni mostruosi per pochi e facendo pagare ad altri le dissennatezze del sistema. E soprattutto ha vinto «culturalmente»: Gallino analizza con lucidità sconsolata la pochezza a cui si sono ridotte, in Europa e in America, le forze politico-sindacali che si autodefiniscono di sinistra e dovrebbero di conseguenza contrapporsi alla religione neoliberista. Invece, stesse categorie socio-eonomiche per tutti: crescita, mercato, produttività … semmai con qualche misero correttivo. Sparita ogni visione generale di società, ogni aspirazione di destino comune: per il resto piccolo cabotaggio.

Ritornerà in un futuro non lontano la lotta di classe dal basso verso l’alto? Gallino è tutt’altro che ottimista, e a ragione, con i chiari di luna del momento. Indica la necessità e la speranza di un incontro tra i movimenti di controtendenza che pure ci sono e i partiti politici che dovrebbero rappresentarli e che per il momento sono invece prigionieri della religione unica planetaria della globalizzazione. E indica soprattutto il bisogno una emancipazione dal pensiero unico, la ricostruzione di un pensiero e un’analisi che ritessano le fila di un discorso sociale all’altezza delle necessità delle classi popolari, in termini innanzitutto di idea di società alla quale si aspira. Il bisogno, se si vuole, di una «emancipazione cognitiva», che rompa le catene dalla «cattura». Serge Latouche, il padre della decrescita, parla di «decolonizzazione dell’immaginario»: c’è da sperare che nei tempi a venire questi processi di liberazione crescano e si incontrino.

(Fabrizio Grillenzoni)

 

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