Skip to content Skip to left sidebar Skip to footer

Come la menzogna può servire la verità: “L’impostore” di Javier Cercas

Javier Cercas

 

L’impostore

Milano, Guanda, 2015

 

…ovvero, un Don Chisciotte in campo di concentramento...

 

Dopo molte esitazioni Javier Cercas si è deciso a scrivere la storia del falso deportato spagnolo che era arrivato a presiedere l’Associazione degli ex deportati e fu smascherato alla vigilia della celebrazione del sessantesimo della Liberazione di Auschwitz alla presenza di Zapatero.

Incoraggiato soprattutto da Vargas Llosa, che gli diceva che Enric Marco sembrava proprio un personaggio dei suoi libri, Cercas ci ha messo un certo tempo a digerire la storia e a trovare una chiave per raccontarla, tra reportage e finzione. Del resto è la chiave che aveva utilizzato anche per Anatomia di un istante e La legge della frontiera,quest’ultima sviluppata tuttavia più sul versante della finzione romanzesca. Ma soprattutto ci ha messo del tempo a fare i conti con il personaggio, questo abilissimo protagonista di storie inventate che è riuscito nel post-franchismo ad assurgere tre volte a posizioni chiave, prima nel sindacato anarchico, poi in una associazione della società civile e infine nella associazione dei deportati spagnoli.

Con una infanzia difficile ed una adolescenza che sfiora la guerra civile, Marco vive come tantissimi spagnoli la sconfitta della repubblica cavandosela con una emigrazione volontaria in Germania come meccanico, rientrando poi a Barcellona prima della fine della guerra. Dopo una esistenza ordinaria condivisa con la maggior parte degli spagnoli sotto la dittatura, nella transizione dal franchismo alla democrazia e poi nel post-franchismo, ormai cinquantenne,  si inventa un passato di resistente anarchico e poi di deportato che viene a colmare la sete di memoria storica che si è diffusa in Spagna.

E’ un paese intero che sta facendo i conti con i suoi vuoti di memoria, e con i torti fatti a coloro che avevano combattuto il franchismo ed erano stati incarcerati e deportati: Enrico Marco riesce a fornire la narrazione che tutti aspettano, ed ha grandi capacità affabulatorie e mediatiche, che ha già sperimentato nel sindacalismo e nell’associazionismo. La Spagna non aveva mai reso onore alle vittime del nazismo, che c’erano state anche tra gli spagnoli, e Marco riesce a presentarsi come reduce di un campo minore, che contava pochi sopravvissuti e dunque pochi che potessero verificare le sue credenziali.  Inoltre, a differenza dei vecchi reduci un po’ spenti e smemorati, la sua memoria è ricchissima e la sua oratoria efficace: interviste giornalistiche, radiofoniche  e televisive e conferenze nelle scuole ne fanno un protagonista dell’industria mediatica della memoria. Sarà Bermejo,  uno storico minore, accanito verificatore dei fatti, a denunciarne l’impostura e a far scoppiare lo scandalo

La menzogna di Marco è però al servizio della verità storica, come ha commentato Claudio Magris, ed ha ispirato ed animato tanti giovani alla lotta per la libertà e la giustizia: sui Lager si sapeva poco in Spagna e la sua attività alla presidenza dell’Associazione ha contribuito a rendere giustizia alla memoria dei tanti deportati dimenticati.

Questa storia paradossale serve a Cercas ad interrogarsi anche su verità e finzione letteraria, immedesimandosi nella creazione di Cervantes del personaggio di Don Chisciotte: solo che Marco non combatte contro i mulini a vento ma i fantasmi del passato, e che a differenza del cavaliere non è una creazione letteraria ma un uomo ordinario, che si è costruito una esistenza eroica mescolando verità e menzogna. L’operazione è stata possibile anche a causa del lungo oblio in cui la guerra civile spagnola era stata seppellita.

(Silvia Calamandrei)

 

 

 

« Torna indietro