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Visioni su Cina ed Europa a confronto

Epistemologie comparate di riflessione sulla Cina: l’esperienza italiana

L’ 1 e 2 dicembre si è tenuto al Dipartimento Orientale dell’Università “La Sapienza” di Roma un seminario internazionale organizzato in cooperazione con l’Istituto Confucio e l’Università nazionale di Taiwan. Oggetto una serie di interviste a persone che hanno soggiornato in Cina fino al 1980 per comparare l’immagine del paese elaborate nei vari contesti nazionali.  Le interviste sono raccolte e scaricabili dal sito http://politics.ntu.edu.tw/RAEC/act02.php.

In questa occasione il riferimento era al blocco italiano e russo delle interviste, con la partecipazione di esperti italiani, russi e cinesi.

Un gruppo di interventi aperto da Federico Masini è stato dedicato alla immagine della Cina trasmessa in Europa dai gesuiti, in particolare Matteo Ricci e Martino Martini. Del De Bello Tartarico di quest’ultimo ha parlato Yang Li, che ha svolto la sua tesi di dottorato alla Sapienza traducendo in cinese il testo latino. Il suo lavoro fa parte di un progetto della Sapienza per la traduzione delle relazioni latine dei gesuiti in cinese, facendo meglio conoscere questa fase di intenso scambio culturale tra Cina ed Europa. In quest’ambito si è collocata anche la relazione di Bogdan Goralczyk sul gesuita polacco Michal Boym, le cui opere, alcune anche geografiche e botaniche, sono custodite (soprattutto) in Vaticano.  Martini e Boym visitano la Cina nello stesso periodo, alla fine della dinastia Ming, ma interpretano gli avvenimenti da opposti punti di vista, schierandosi il primo con i nuovi dominatori ed il secondo  con la dinastia in declino: un caso di esame comparato estremamente significativo.

Gli studiosi russi presenti hanno fatto riferimento alla particolare esperienza degli esperti sovietici espulsi dalla Cina alla metà degli anni sessanta e alle difficoltà degli specialisti rimasti, ma si sono soffermati altresì a comparare tale esperienza con quella degli italiani, mentre Huang Chiung-chiu (Taiwan) ha comparato i sinologi nord e sudvietnamiti, con differenti rapporti con la Cina popolare ma analoga cultura tradizionale confuciana.

Tra gli italiani Alessandra Lavagnino ha dissertato sui manuali di insegnamento utilizzati in Cina negli anni Settanta per l’italiano, con un linguaggio stereotipato che nessun nesso aveva con la cultura reale italiana; Maria Rita Masci si è soffermata sulla traduzioni di letteratura cinese a partire dalla fine degli anni Settanta, che hanno trasmesso in Italia una immagine della Cina ben più complessa e variegata di quella ideologica della Rivoluzione culturale e Silvia Calamandrei ha presentato l’esperienza della rivista “Vento dell’est” e delle Edizioni Oriente negli anni Settanta.

La discussione si è concentrata sugli aspetti metodologici della comparabilità delle interviste, che riflettono contesti culturali molto differenti, nonché sulla distinzione tra sinologi ed esperti di Cina, specialisti di singoli aspetti.

Luisa Paternicò, che ha svolto le interviste per l’Italia, ha concluso assieme al professor Shih Chih-yu, coordinatore del progetto all’università di Taiwan, suggerendo possibili ulteriori percorsi anche nella prospettiva di una pubblicazione auspicata dal Professor Masini per la rivista dell’Orientale di Roma. 

(Silvia Calamandrei)

Vorrei aggiungere che a mio parere è non più rimandabile una studio “scientifico” su come vengono percepiti in Cina gli Italiani e in Italia i Cinesi, nell’interesse concreto delle due popolazioni e dei loro scambi culturali ed economici. Una notevole quantità di libri è stata pubblicata sull’argomento, ma alla fin fine si ha la percezione che il problema sia stato sempre affrontato in modo frammentario e confuso. I pregiudizi reciproci rimangono inalterati, e sono un gran freno alla conoscenza vera, nel “bene” e nel “male”, delle due realtà.

Se qualcuno volesse segnalarci eventuali opere in tal senso (anche online), che a noi possono essere sfuggite, gliene saremo grati.

Duccio Pasqui

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