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Un problema tutto italiano, mai risolto: “Vicine e lontani. L’incontro tra laici e cattolici…” di Vannino Chiti

Vannino Chiti

Vicini e lontani. L’incontro tra laici e cattolici nella parabola del riformismo italiano

Roma, Donzelli, 2016

 

Di estrema attualità per capire lo svolgersi drammatico della parabola del Partito democratico questo saggio storico politico di Vannino Chiti.

Uno dei suoi protagonisti , sia pure raramente in primo piano, narra la vicenda dell’incontro tra laici e cattolici riformisti, faticosamente tentato nell’esperienza dell’Ulivo e poi nella costruzione del Partito democratico. Ci si arriva nel capitolo terzo, dedicato al periodo dopo il 1989, nel quale credenti e non credenti vengono a ritrovarsi uniti in una sinistra plurale. Tuttavia la lettura dei due densi capitoli storici che lo precedono consente di comprendere le difficoltà che tale incontro ha avuto fin dall’epoca risorgimentale, in una nazione che si costruisce anche in opposizione al potere temporale dei Papi, e che vede i cittadini cattolici lungamente esclusi dalla partecipazione politica per volontà del papato. Il recupero col patto Gentiloni sarà in funzione conservatrice antisocialista, ed il Concordato tra Mussolini ed il Vaticano servirà a rafforzare il regime ed a mettere in scacco i cattolici democratici. Grande è la lontananza tra la classe dirigente risorgimentale e le problematiche del cattolicesimo.

Anche nella resistenza e nel dopoguerra laici e cattolici restano lontani, combattendo in formazioni differenti e schierandosi su fronti opposti nella Guerra fredda. La spaccatura sul Concordato e l’articolo 7 divide lo stesso fronte laico, con la decisione di Togliatti di approvare la versione democristiana. Chiti dà atto che socialisti. azionisti e repubblicani furono più coerenti con le concezioni di Cavour e dello stesso Gramsci, ma reputa che Togliatti ebbe una attenzione alla Chiesa, ad alcuni valori del suo insegnamento e al mondo popolare cattolico, attenzione assente nelle altre forze laico-progressiste. Questa disattenzione durerà a lungo, fino agli anni Settanta e secondo Chiti sarà una debolezza della forze laiche, a cui sfuggono fenomeni di maturazione che avvengono in seno alla Chiesa e al mondo cattolico, dove emergono forze progressiste sempre più autonome.

La sua ricostruzione entra nei dettagli dei movimenti cattolici, del sindacato e delle Acli, a registrarne una evoluzione in senso riformista e progressista, favorita anche dallo spirito dei Concili e dai papati di Giovanni XXIII e Paolo VI. Chiti registra come sia il PSI per primo a raccogliere questa maturazione, ed apprezza in particolare lo sforzo di dialogo di Giuliano Amato, di cui condivide il valore attribuito alla religiosità, anche da parte di chi non professi una fede, la convinzione che il sentimento religioso contribuisca all’affermazione della dignità della persona: “alla base della fratellanza umana viene posto il nostro essere tutti figli di Dio” (dialogo tra Giuliano Amato e monsignor Paglia).

Si può dire che Chiti ricostruisca anche le ragioni del proprio personale itinerario, fino ad approdare allo scenario della casa comune tra credenti e non credenti in una sinistra plurale. E’ in questa chiave che legge la nascita del PD, anziché in termini di unificazione tra i residui dei comunisti e dei democristiani. Il pontificato di papa Bergoglio rafforza la spinta dei credenti ad una coerenza tra fede e vita di ogni giorno, alla salvaguardia del pianeta di cui l’uomo è custode e curatore, anche per le generazioni future. La radicalità del cristianesimo può servire alla sinistra a superare l’edonismo individualista in una dimensione etica all’altezza del mondo globale, oltre lo stato nazione.

Per Chiti continua ad esserci differenza tra sinistra e destra, in nome di valori di solidarietà, giustizia sociale, eguaglianza, libertà, da imporre con la non violenza, nel solco di Gandhi, Capitini, Danilo Dolci, Tiziano Terzani. Ma serve un partito che non sia né personale né un partito della nazione, un partito che abbia come riferimento il mondo dei lavori. Il PD ha cercato di riprendere la missione incompiuta dell’Ulivo, ma Chiti si interroga se riuscirà ad assolvere a tale ruolo,

Il saggio è scritto prima dell’esito del referendum e i recenti sviluppi in cui si delinea una scissione del partito democratico, ma la parola scissione vi è già pronunciata:

“Le scissioni non mi piacciono: non hanno rappresentato un’esperienza positiva per il movimento dei lavoratori e per le forze progressiste italiane”. L’autore si augura che si continui a perseguire il sogno di una grande sinistra plurale, che concorra alla ricostruzione della sinistra europea. Da evitare però “il confondere tra sinistra e destra, dimenticando il passato, accettando acriticamente il presente, rinunciando al futuro”.

Hic Rhodus, hic salta.

(Silvia Calamandrei)

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