RECENSIONE. Chiara Colombini, Storia passionale della guerra partigiana, Laterza 2023
Chiara Colombini, Storia passionale della guerra partigiana, Laterza 2023
Con acribia e contando su autorevoli consulenti come Giovanni De Luna, Giuseppe Filippetta e Aldo Agosti, menzionati nei ringraziamenti finali per gli scambi intercorsi nell’elaborazione del progetto, Chiara Colombini prosegue nel suo lavoro sulla resistenza, prima indagata nella sua versione piemontese, poi nel manuale divulgativo della serie Fact-checking curata da Carlo Greppi per rispondere agli interrogativi più frequenti (Ma i parigiani però), ed ora esplorata sul versante dei sentimenti, o meglio delle passioni che hanno animato i resistenti. E l’orizzonte si allarga alle individualità che scelsero di combattere e ai loro dilemmi interiori, sui monti e nelle città, nelle diverse declinazioni che la resistenza assunse nella penisola.
Perché diverse sono le esperienze nella frastagliata guerra civile, a seconda della formazione, dell’ambiente d’origine e della fede religiosa, che modulano il vissuto quotidiano dei combattenti, uomini e donne colti in quel contesto attraverso diari e carteggi coevi. Chiara Colombini ha trascelto materiali contemporanei, evitando le ricostruzioni a posteriori, inficiate dai bilanci, dalle delusioni o dai rimpianti, e ci fa rivivere i sentimenti dei protagonisti in presa diretta. L’autrice dichiara di aver voluto “avvicinarsi ai protagonisti con una chiave di comprensione quasi viscerale” e si muove nel solco della lezione di Claudio Pavone “che ha dato un rilievo nuovo e centrale agli individui e alla loro soggettività.
L’autrice si rende conto del limite delle sue fonti scritte: “affidarsi a diari e carteggi porta con sé anche un limite di natura sociale: permettono infatti di avvicinarsi alle vite di chi ha maggiore dimestichezza con la scrittura” e dunque di concentrarsi su figure di intellettuali e studenti. Eppure è convinta di trovare in quelle scritture coeve testimonianza di una scelta individuale che si coniuga con motivazioni più collettive:
“In fondo, che le aspirazioni e i sentimenti più privati coesistano con motivazioni e passioni rivolte a ciò che è pubblico e riguarda tutti è inevitabile. Perché la Resistenza è di certo un’esperienza al massimo grado politica, che guarda al futuro e alla costruzione di una nuova società, e di certo è un impegno soprattutto collettivo, dal momento che al di fuori di un legame ideale e organizzativo con gli altri non è materialmente possibile, ma al tempo stesso ha un’ineliminabile radice individuale, una «dimensione essenzialmente solitaria».
Paura, coraggio, dolore, disperazione, amore e voglia di vivere, sono tanti i sentimenti che sono analizzati, e che ci rendono quei combattenti più vicini.
Tra i testi esplorati c’è il diario di Franco Calamandrei, mio padre, custodito ora all’Archivio del Senato ed edito con il titolo La vita indivisibile (Giunti 1998). È indubbio che quella scrittura in contemporanea facesse scattare in Franco l’impulso a tornare sopra quegli anni giovanili con la consapevolezza acquisita a posteriori, in un progetto di romanzo rimasto incompiuto che è stato edito nel volume Le occasioni di vivere (La Nuova Italia 1995). E la forza di quelle pagine, apprezzate da Romano Bilenchi, è valsa anche alla geniale rielaborazione che ne ha fatto Davide Orecchio per il suo Storia aperta (Bompiani 2021). Sono felice che quelle pagine giovanili continuino a circolare e a nutrire riflessioni, così come sono contenta che Chiara Colombini abbia potuto attingere alle carte messe a disposizione da Piero Battaglia e Franca Gigliani dagli archivi privati del grande storico Roberto Battaglia (stampato in proprio): perché quella documentazione coeva della Divisione Lunense completa la sua testimonianza dell’immediato dopoguerra in Un uomo, un partigiano Il Mulino 2004), soprattutto sul tema della “giustizia partigiana”:
“Nati come fuori legge, tendevamo per istinto a ritornar nella legge, ossia a creare un nostro “codice”, di cui la responsabilità fosse comune, alle cui formule si potesse ricorrere nei momenti di incertezza. Come ogni altra cosa, anche l’uccisione o la vendetta erano lentamente e continuamente sottratte al criterio del singolo”.
E le carte della Divisione lunense sono anche illuminanti sul tema della relazione tra bande partigiane e popolazione civile. Ma qui stiamo andando oltre l’approccio prescelto dall’autrice, anche se è inevitabile ed utile, e capita anche per altri casi, di dover coniugare le riflessioni e testimonianze individuali con la documentazione d’epoca.
La chiave di lettura “viscerale” scelta vuole parlare più direttamente al cuore dei lettori, soprattutto giovani, avvinandoli ai sentimenti di coloro che hanno combattuto per un migliore avvenire.
[Silvia Calamandrei]
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