-------- Quale futuro per “La Sinistra”? “Left Wing Melancholia” di Enzo Traverso – Biblioteca Montepulciano Calamandrei
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Quale futuro per “La Sinistra”? “Left Wing Melancholia” di Enzo Traverso

Enzo Traverso

Left Wing Melancholia
(traduzione italiana Malinconia di sinistra)


Milano, Feltrinelli, 2016

 

Uno scritto in inglese e tradotto in italiano: lo storico Traverso raccoglie una serie di filoni di riflessioni che è andato sviluppando in un seminario alla Columbia University. L’ambizione è di ripensare la storia del socialismo e del marxismo attraverso il prisma della melanconia, chiave interpretativa che si impone dopo lo spartiacque del 1989.

Il crollo del muro e le rivoluzioni di velluto riducono il comunismo alla sua dimensione totalitaria. Con Francis Furet, siamo condannati a vivere nella realtà com’è, e a non contare più sul sol dell’avvenire, su un futuro di liberazione. La memoria del Gulag cancella la memoria della Rivoluzione, la memoria dell’Olocausto sostituisce quella dell’antifascismo, la memoria della schiavitù soppianta quella dell’anticolonialismo. Protagoniste diventano le vittime, più che gli sconfitti.

Per l’autore, la melanconia che scaturisce dalla sconfitta storica aiuterà forse ad elaborare il lutto, a reagire e a preparare un nuovo inizio. La melanconia è comunque un antidoto all’accettazione del neoliberismo tel quel, elaborando anche il fatto che la lotta per il comunismo ha comunque contribuito alla trasformazione del capitalismo stesso, spinto verso il welfare ed il keynesismo.

Attraverso l’analisi di una serie di film, da Loach (Land and Freedom) ad Angelopoulos (Lo sguardo di Ulisse), da Good bye Lenin a Underground , Traverso ricostruisce l’immaginario malinconico subentrato alle narrazioni epiche del passato. Si registra il  passaggio dall’utopia che prefigura un futuro all’u-topia come non luogo.

Una via di uscita potrebbe essere la vita ai margini, la Bohéme, ispirandosi a figure di artisti, rivoluzionari ed avventurieri come Rimbaud, Modigliani, Offenbach,  Blanqui et Jules Vallès. Un individualismo fuori delle regole che può sfociare però anche in forme reazionarie, come avvenne per il futurismo italiano. Traverso non manca di trovare in Trotzky un antidoto a questo anarchismo vitalistico e antiborghese, che rischia di degenerare nel dandysmo.

Un intero capitolo è dedicato all'”orientalismo” di Marx, allontanandosi un po’ dalla tematica della malinconia per rispondere ai “cultural studies” e alla critiche ad un marxismo troppo eurocentrico: Traverso valorizza un autore come C.L.R. James e la sua opera sulla rivoluzione haitiana del 1938 (Black Jacobins) e deplora il mancato incontro di Janes con Adorno, quando erano entrambi esuli negli States negli anni quaranta.

Ma il vero pensatore di riferimento è Walter Benjamin, a cavallo tra marxismo e messianismo ebraico, mediato dal francese Daniel Bensajd. A lui sono dedicati gli ultimi due densi capitoli, centrati sulla polemica contro lo storicismo.

Come ha scritto  Marco Bscetta sul “Manifesto”, in una recensione:

Contro ogni musealizzazione della memoria, che la separa per sempre dalla capacità di esercitare una influenza reale sul presente, Traverso ripropone, sulle orme del filosofo francese Daniel Bensaid, quella concezione benjaminiana del tempo come processo aperto e incompiuto e per questo sempre disponibile ad affacciarsi sul futuro dell’utopia, quella memoria dei vinti che, come riteneva Reinhart Koselleck, possiede un contenuto di conoscenza superiore a quella dei vincitori. Ma che, come la rivoluzione stessa, è inseparabile dalla malinconia. Senza la triste rimembranza delle occasioni perdute, non si tornerebbe a riannodarne i fili interrotti. Questa malinconia senza rassegnazione è, alla fine, la consapevolezza di una storia che, pur avendo pagato enormi prezzi, non è riuscita a trasformare il mondo come aveva voluto. E dunque l’affermazione di una impresa che resta ancora da compiere.

(Silvia Calamandrei)

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