-------- Maoismo ieri ed oggi: “Maoism, A Global History” di Julia Lovell – Biblioteca Montepulciano Calamandrei
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Maoismo ieri ed oggi: “Maoism, A Global History” di Julia Lovell

Julia Lovell

Maoism, A Global History

Londra, The Bodley Head, 2019

 

Dopo un documentato studio (2011) sulle guerre dell’Oppio, ed il ruolo che hanno assunto nell’immaginario cinese come epitome di una sconfitta ed una umiliazione nei confronti dell’Occidente che la Nuova Cina deve riscattare, Julia Lovell (docente a Birkbeck, Università di Londra) si è dedicata ad una ricognizione sulla diffusione del maoismo nel mondo, tutto sommato degno seguito di quella ricerca. Infatti, il maoismo può essere considerato la risposta a quella umiliazione, è la Cina che si è rialzata ed ha levato la testa, ed il leader della Lunga Marcia continua ad essere punto di riferimento imprescindibile dell’orgoglio cinese e della rinascita nazionale.

Dunque attualità del maoismo, secondo la Lovell, tanto più in una stagione dominata dai populismi, giacché Mao è stato al contempo totalitario ed anarchico, ed ha ispirato con il suo messaggio flessibile tante ondate rivoluzionarie nei vari continenti, dai movimenti indipendentisti e nazionalisti, alle rivoluzioni agrarie, ai movimenti studenteschi ed operai nei paesi dell’Occidente. La metodologia dell’inchiesta, i meccanismi della critica e dell’autocritica, le narrazioni della sofferenza subita, il richiamo alla ribellione dal basso, hanno permeato infiniti sommovimenti, e l’arco temporale dell’impatto del maoismo a livello globale si snoda dagli anni Trenta fino ai giorni nostri, da quando Edgar Snow scrisse Stella rossa sulla Cina, che la Lovell presenta come il primo grande strumento del soft power cinese.

Snow, giornalista americano simpatizzante della causa rivoluzionaria cinese e residente tra Shanghai e Pechino, viene scelto come il più adatto a ritrarre gli eroici dirigenti comunisti che vivono nelle grotte di Yan’an. Accolto nel loro quartier generale diventa il più efficace propagandista della loro causa nel mondo, assicurandosi il prestigio del migliore reportage del secolo, dopo quello di John Reed di Dieci giorni che sconvolsero il mondo. La Lovell ricostruisce come il testo sia stato sottoposto a molteplici controlli e revisioni, prima di avere l’imprimatur della propaganda comunista cinese; una testimonianza della sofisticatezza di narrazione che quella macchina possedeva già allora.

L’autrice, che ha lavorato anche negli archivi del Ministero degli esteri cinesi, aperti per il periodo 1949-65, nota come non siano stati resi accessibili i documenti relativi al coinvolgimento cinese nel fomentare processi rivoluzionari a livello mondiale: il black out di informazione sul decennio della Rivoluzione culturale oscura il ruolo che il maoismo ebbe non solo a livello ideologico, ma in termini di sostegno materiale a movimenti di liberazione e di guerriglia armata come i Naxaliti nel Bengala, Sendero Luminoso in Perù, o le Pantere Nere negli Stati Uniti. La scintilla che dà fuoco alla prateria e le campagne che circondano le città, divulgate da Lin Biao nella esaltazione della guerra rivoluzionaria di Mao, sono metafore che hanno pesato fortemente quando la Cina si presentava polo di riferimento del Terzo Mondo contro le due superpotenze, e come faro della lotta antimperialista. E il potere che nasce dalla canna del fucile è un’altra massima che ha pesato non poco sulle spinte verso il ricorso alla violenza nei movimenti di protesta in Occidente.

L’ampio panorama storico e geografico sconta una discontinuità negli approfondimenti e una certa contradditorietà nell’interpretazione. In effetti la Lovell attinge a fonti molto differenziate, dal controspionaggio americano alle versioni più positive che vengono fornite in tante interviste a protagonisti dei movimenti di ispirazione maoista. Dalla paranoia anni cinquanta del “lavaggio del cervello”, al sospetto per l’egemonismo cinese, la Lovell attinge a molte fonti conservatrici angloamericane, ma tende ad attenuarne le letture più negative.

C’è uno sforzo di attualizzazione, individuando nella leadership di Xi Jinping un revival del maoismo, sia in senso nazionalistico che di ricorso a strumenti mobilitativi populistici sul fronte interno. Dopo l’esperimento di Bo Xilai a Chongqing, Xi Jinping, altro principino rosso, non ha esitato ad utilizzare alcuni elementi ideologici diffusi dai neomaoisti di Utopia, per combattere l’ala più liberale e le associazioni della società civile, imponendo una stretta verticale.

(Silvia Calamandrei)

 

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