L’Altro in cui ci specchiamo (a volte senza vederlo….): “In Cina, Il Grand Tour degli italiani verso il Centro del Mondo”
In Cina, Il Grand Tour degli italiani verso il Centro del Mondo, 1904-1999
a cura di Danilo Soscia, prefazione di Renata Pisu
Pisa, Edizioni ETS, 2010
Un percorso raffinato sul Grand Tour degli italiani del Novecento verso il Paese di mezzo questa antologia curata da Danilo Soscia con preziose pagine introduttive, a guidarci in una letteratura di viaggio verso l’ignoto e l’esotico, con momenti di incontro-scontro prettamente segnati da una dimensione soggettiva. Sono soprattutto giornalisti e scrittori quelli prescelti, partendo da Luigi Barzini col suo viaggio Parigi-Pechino per concludersi con Edoarda Masi e Renata Pisu, prime studentesse italiane a Pechino negli anni Cinquanta e poi grandi studiose e divulgatrici della conoscenza della Cina in Italia.
Soscia ha esplorato innumerevoli reportage di viaggio e ne ha trascelto le pagine più pregnanti, consegnandoci ritratti memorabili come quello di Mao incontrato da Curzio Malaparte nel 1957, con il suo “piccolo porro scuro sul mento, e i denti nerissimi, di ebano”, ed uno sguardo “fermo, sereno, dolce, profondamente buono”.
Lo sguardo degli scrittori e dei poeti italiani, da Fortini a Cassola, da Carlo Levi a Giorgio Manganelli, da Vittorio Sereni a Mario Luzi si misura con lo sforzo di cogliere sprazzi di una realtà altra, per taluni proiezione utopica nel futuro, per altri fascinazione millenaria schiacciata da un potere autocratico e livellatore.
Anche ad un pubblico cinese dovrebbe interessare questa successione di punti di vista, in cui spiccano ritratti vividi della città di Pechino, quale appariva agli inizi del secolo ed ancora nei primi anni Cinquanta (e della quale purtroppo è ormai difficile ritrovare le vestigia), e l’immagine simbolica delle mura che cingono case, città e nazione fino a culminare nella Grande Muraglia.
Per Barzini “Nella vita cinese il muro ha una parte essenziale. Il cinese è guidato da muri più che da leggi. Le case sono contornate da un muro di cinta e avanti all’ingresso un altro piccolo muro forma l’ultimo baluardo alla curiosità […] Poi vi sono le mura delle diverse parti della città, poi le formidabili muraglie esterne, per finire alla “grande muraglia”, che era il muro dell’Impero, la prima difesa e il primo limite che i cinesi posero verso quell’Occidente che per loro è sempre stato il pauroso lato del pericolo”.
Enrico Emanuelli, inviato del “Corriere della sera “nel 1956 ci descrive una Pechino “ampia ma bassa”, “una città nana”, con “enormi muraglie che la dividono in tanti recinti, e poi anche ogni casa ha un muro di cinta che la difende”: “la casa cinese è protetta dagli sguardi estranei, rifiuta la strada e chi vi abita pare non voglia vedere chi sta di fronte”. Ha la fortuna di visitare la casa dello scrittore Lao She, che si suiciderà nel corso della Rivoluzione culturale, e di godere la pace ed il silenzio degli spazi protetti dall’esterno. “Disumana” trova invece la Grande Muraglia, simbolica di una chiusura che perdura: “l’eco del mondo si perde e rimbalza lontano”.
Maggiori affinità si registrano nei decenni successivi, nelle proiezioni utopiche, di cui peraltro Soscia ci risparmia fortunatamente le costruzioni più ideologiche. E’ a partire dagli anni Ottanta, con Terzani, Masi e Pisu che lo sguardo affonda e penetra in profondità, di fronte ai cambiamenti repentini che la Cina innesca.
Nella bella prefazione Renata Pisu si domanda quanti dei viaggiatori “siano discesi da cavallo” per accostarsi ai fiori che ammiravano dall’alto, secondo una espressione cinese. E si consola di ritrovare un leit-motiv “che lega, di decennio in decennio, una voce all’altra”. Visioni parziali, che colloquiano tra loro, ispirate da una stessa cultura di origine, ma anche da un desiderio di conoscenza e di attrazione per l’ignoto: brani che ci dicono forse qualcosa più su di noi che sulla Cina, sul nostro sguardo sul mondo.
(Silvia Calamandrei)