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La realtà non è mai semplice: “Primo Levi di fronte e di profilo” di Marco Belpoliti

Marco Belpoliti

Primo Levi di fronte e di profilo

Milano, Guanda (Biblioteca della Fenice(),  2015

 

Marco Belpoliti, curatore delle opere complete di Primo Levi per Einaudi (1997), ha riorganizzato il suo lavoro sull’autore in un volume-manuale che si offre come strumento prezioso per rivisitare il personaggio, lo scrittore ed il testimone Levi.

Le fotografie commentate documentano momenti chiave della biografia di Levi; le bibliografie ed i lemmi offrono una messe enciclopedica di riferimenti.

Il volume ci fa conoscere meglio questo testimone chiave del Novecento, al di là delle letture scolastiche di routine, rinnovate dal ripetersi delle Giornate della Memoria: da ciascun testo dell’autore si irradia un reticolo di suggerimenti, piste di ricerca, approfondimenti, che Belpoliti compone in un libro davvero insolito, rispondendo a punti interrogativi e sollevandone di nuovi.

Anziché un saggio critico concluso o una biografia Belpoliti ci offre un coinvolgimento nel suo metodo di lavoro, spingendoci a riprendere in mano i testi di Levi e a liberarli dalle incrostazioni retoriche. Ed i testi non sono solo quelli memorialistici del testimone, ma anche le tante raccolte di storie in cui meglio si  esprime il Levi chimico, naturalista e scienziato.

Ci si può così tornare ad interrogare sul Levi testimone e scrittore, sul ruolo terapeutico della narrazione per elaborare l’indicibile, sull’etologia dei Lager, grandi esperimenti biologici e sociali studiati alla luce scientifica del darwinismo.

Si riscopre la lingua classica, ottocentesca di Levi, con tutti i suoi riferimenti a Dante e a Manzoni, ed il suo metodo narrativo che aggiunge tessere, tasselli, frammenti assemblandoli dentro cornici che connettono le microstorie. Una fantasia che si coniuga ad una abilità costruttiva ed alla chiarezza del linguaggio divulgativo scientifico. Una ricchezza di riferimenti che ci viene chiarita dalla sua personale antologia letteraria, in una sorta di mappatura culturale e autobiografica.

I capitoli di Belpoliti si snodano ad evidenziare i nodi ed i dilemmi fondamentali, affrontati anche da Hannah Arendt: il rapporto tra carnefici e vittime, tra sommersi e salvati, la colpa dei carnefici che si riverbera sulle vittime e le contamina, le gerarchie indotte dal potere facendo leva sul desiderio di sopravvivenza.

La testimonianza dei sopravvissuti, di coloro che “non hanno toccato il fondo” è mal accolta fin dall’inizio, come mostra la vicissitudine editoriale di Se questo è un uomo. Ma una volta diffusa e consolidata la memoria della Shoah il dramma sta nel peso e nel senso di colpa per “chi ha visto la Gorgone” e “non è tornato a raccontare”.

Già nel 1979  Levi aveva enunciato il  progetto di Sommersi e salvati soffermandosi sul rapporto oppressore e oppresso, vittima e carnefice, rifiutando l’ interpretazione ingenua oppressore puro e vittima santificata. E’ il concetto di “zona grigia”, che aveva elaborato nel confronto con La notte dei Girondini di Presser, (tradotto nel 1975 ed uscito nel 1976) e che diventa il capitolo centrale dell’ultima sua opera, che precede di poco la morte per suicidio(1986).

L’individuazione della “zona grigia” tra carnefici e vittime offre forse una griglia di lettura più articolata della “banalità del male” della Arendt, ed andrebbe comparata all’uso che se ne è fatto nella storiografia a partire dalla lettura di De Felice del fascismo, anche se non sono esattamente sovrapponibili e se l’individuazione di tante sfumature tra le polarità del totalitarismo può rispondere a finalità politiche diverse se non opposte.

E’ da notare comunque che è nei medesimi anni, nell’ultimo quarto del Novecento, che lo strumentario di analisi del totalitarismo si fa più complesso, introducendo gradazioni che dovrebbero consentire interpretazioni più sottili del dominio e della sua articolazione, senza cancellare il concetto di responsabilità.

(Silvia Calamandrei)

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