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Interessante rilettura di Machiavelli: “Machiavelli e l’Italia” di Alberto Asor Rosa

Alberto Asor Rosa

Machiavelli e l’Italia. Resoconto di una disfatta

Torino, Einaudi, 2019

 

Negli anni sessanta e settanta nelle facoltà di lettere italiane ci si nutriva della lettura desanctisiana e gramsciana di Machiavelli, misurandoci sul fallimento del progetto statuale italiano, insidiato dalla Chiesa di Roma, ma rifondabile grazie ad un “moderno Principe”, alias il Partito. Anche l'”autonomia del politico” veniva in qualche modo fatta risalire al pensatore fiorentino, fondatore della scienza politica moderna e della sua separazione dalla morale. Abbiamo ammirato anche Machiavelli grande storico dell’antichità e della Italia a lui contemporanea, nonché arguto letterato e scrittore facondo, un maestro della prosa italiana. Ed abbiamo imparato a collocarlo tra i grandi intellettuali europei.

Ora Alberto Asor Rosa ce lo ripropone in una lettura tutta italiana: Machiavelli e l’Italia. Resoconto di una disfatta. L’ho letto mentre avevo ospite un nipote che studia a Parigi, al quale ho chiesto se conoscesse Machiavelli, e mi sono resa conto che lo conosceva ma non nella chiave che ci presenta Asor Rosa e neppure in quella in cui lo abbiamo studiato noi. Insomma tutta legata alla catastrofe nazionale che seguì alla felice fase dell’equilibrio laurenziano, e all’implosione dello splendore rinascimentale culminato nel sacco di Roma del 1527. Perché è al sentimento dell’eccezionalità della catastrofe che Asor Rosa attribuisce la capacità di elaborare un Trattato come il Principe:

“Non sarebbe perciò azzardato sostenere che sia lo “stato d’eccezione”in cui versa l’Italia del suo tempo a sollecitare il suo straordinario bisogno di conoscenze e di azione: per salvare l’Italia, come lui avrebbe voluto, […] non bastavano gli strumenti consegnatigli dalla tradizione”.

Insomma il progetto del Principe è il frutto di una sconfitta: il segretario fiorentino rialza la testa dal fondo dell’abisso , ed offre uno strumentario politico impraticabile nel contesto italiano, ma di valenza universale. Conclusa la sua fase politica attiva, nel ritiro di Sant’Andrea in Percussina, tra il 1512 e il 1513 veste panni curiali per intervenire con altri mezzi nella periclitante situazione italiana:

Poiché l’azione non è più possibile, Machiavelli passa alla parola (è una strada che molti altri illustri italiani hanno imboccato nel tempo in condizioni non dissimili“.

In quella parentesi c’è una chiave di lettura possibile di questo saggio, che segna il ritorno di Asor Rosa alla storia della letteratura e degli intellettuali italiani dopo tante prove letterarie ed autobiografiche. Insomma c’è un de te fabula narratur in questa rivisitazione di Machiavelli e Guicciardini che segnano il passaggio a quel “cosmopolitismo” del pensiero e della cultura italiana in assenza di un contesto nazionale.

Non a caso il penultimo capitolo è dedicato alla lunga durata della catastrofe, nonostante i riscatti del Risorgimento e della Resistenza, andati incontro a processi dissolutivi. Anche i partiti di massa, i “nuovi principi” sono usciti di scena, e la situazione italiana è tornata a polverizzarsi:

I veri barbari non vengono più da fuori: sono dappertutto. L’onda lunghissima della storia torna a farsi sentire, rischia di sommergere di nuovo tutto.

Amara conclusione della rivisitazione di uno dei nostri grandi.

(Silvia Calamandrei)

 

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