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Il vincitore del Premio Strega: “Il colibrì” di Sandro Veronesi

Sandro Veronesi

Il colibrì

Milano, La Nave di Teseo, 2020

 

Predestinato a collezionare un secondo Strega, questo romanzo è stato molto votato e molto ben recensito, tanti sono gli estimatori di Veronesi, che lo paragonano addirittura a Moravia, e tanti gli amici, che ne apprezzano l’impegno sociale e civile. Eppure si legge a fatica, soprattutto nella seconda parte, in una collazione di sventure da cui il protagonista esce sempre indenne, come il colibrì che fa vibrare freneticamente le ali per riuscire a star fermo.

Resiliente nel peggior senso, nella capacità di adattarsi senza reagire, senza un moto di ribellione autentica, e fermo come sono statici i personaggi di una piccola e media borghesia senz’anima e senza passioni che intrecciano le loro vite tra Firenze e Bolgheri con un orizzonte che va poco al di là del cerchio familiare, punteggiato di disgrazie. Rarissima l’irruzione della storia ed eccessivo il citazionismo letterario e cinematografico, veri e propri calchi che l’autore elenca nella postfazione. L’apprezzato alternarsi stilistico si riduce a epistole, mail e conversazioni telefoniche che interrompono il flusso narrativo dando un momentaneo sollievo al lettore: così come l’inventario dei mobili design dell’appartamento dei genitori o l’elenco dei romanzi di Urania collezionati dal padre risultano un riempitivo che consente di saltare qualche pagina.

Il gran finale ispirato alle Invasioni barbariche manca dell’ironia del film mentre l’inno alla generazione Greta rivolto alla nipote suona come abdicazione alla fine di un’esistenza incolore. Il pianeta sarà salvato dai ragazzini?

(Silvia Calamandrei)

 

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