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Esce per l’editore Laterza il secondo volume dedicato a “Il Ponte”

“Il Ponte”, la rivista fondata nel 1945 da Piero Calamandrei e da lui diretta per un decennio, è stata ed è ancora un punto di riferimento per tutti gli uomini di cultura (ma anche no) che si pongano seriamente il problema di una vita “politica”, cioè di partecipazione attiva alla società.

“LA CULTURA SALDÒ IL «PONTE» CROLLATO

Il secondo volume dell’ opera a cura di Mimmo Franzinelli

Q uel che colpisce di più nel leggere questa antologia del «Ponte», la rivista di Piero Calamandrei, è l’ estrema attualità. Più di sessant’ anni dopo, i temi discussi allora sono gli stessi di oggi, la Costituzione, la classe dirigente, la giustizia, l’ amministrazione dello Stato, le distorsioni della società, la corruzione, la delusione della politica, i caratteri degli italiani, l’ eterno fascismo, il problema meridionale, «la repubblica pontificia» nel cuore di casa. L’ editore Laterza sta pubblicando tutte le opere del giurista e scrittore fiorentino. Al «Ponte» sono dedicati tre volumi: il primo, a cura di Mario Isnenghi, Dalla Resistenza alla desistenza (1945-1947), del 2007; questo, appena uscito, a cura di Mimmo Franzinelli, intitolato Oltre la guerra fredda. L’ Italia del «Ponte» (1948-1953), pagine 376, 24. Completerà la serie, Questa nostra repubblica (1954-1956), a cura di Sergio Luzzatto. Si sobbalza spesso, dunque. Quel che differenzia passato e presente è la passione di allora che fa apparire ancora più squallida la passività di oggi. Mimmo Franzinelli, nel suo saggio introduttivo, inquadra tempi e persone del Novecento che scrissero sul «Ponte» e ebbero grande influenza nella nostra storia. Peccato che il titolo di questo volume sia sbagliato. Perché Oltre la guerra fredda? Era gelida, in quegli anni del centrismo nostrano. Il disgelo affiora molto più tardi. Il conflitto dei missili a Cuba, che avrebbe potuto provocare la Terza guerra mondiale, è del 1962. Oltre la guerra fredda perché «Il Ponte» rifiuta quella logica e spera in un futuro privo di muri? Fu una grande rivista, autorevole, stimata in tutto il mondo colto. La polemica è costantemente presente. Calamandrei sa che l’ oggettività è una finzione: «Il Ponte» non ha peli sulla lingua, non è mai noioso, l’ ironia e la beffa non mancano nelle noterelle, nei commenti. La linea politica della rivista mensile è liberaldemocratica, si potrebbe dire, se quella matrice non fosse usata oggi da politici totalmente ignari di quei principi di cui fanno vanto. Nel «Ponte» conviveva anche una linea filosocialista. Spesso è in polemica con Togliatti, ma il suo non fu mai un anticomunismo viscerale o epilettico. Tutto, nella rivista che si ispira soprattutto alle idee del Partito d’ azione, ruota intorno a Calamandrei che ha al fianco Enzo Enriques Agnoletti e Corrado Tumiati. I collaboratori furono di alto livello politico e culturale: Luigi Einaudi, Norberto Bobbio, Gaetano Salvemini, Arturo Carlo Jemolo, Emilio Lussu, Franco Antonicelli, Pietro Pancrazi, Ignazio Silone, Alessandro e Carlo Galante Garrone, altri. Spesso chi scrive è il protagonista di quel che racconta, come Adriano Olivetti in un suo bellissimo articolo del 1949, «Appunti per la storia di una fabbrica». «Il Ponte» nacque nel 1945: «Il nostro programma è già tutto nel titolo e nell’ emblema della copertina: un ponte crollato, e tra i due tronconi delle pile rimaste in piedi una trave lanciata attraverso, per permettere agli uomini che vanno al lavoro di ricominciare a passare». In questo volume sono raccolti saggi e articoli dalle elezioni del 1948, che segnarono l’ egemonia della Dc, al 1953, quando, per merito del movimento di Calamandrei, Unità popolare, e dell’ Alleanza democratica nazionale di Corbino e Antonicelli, la legge maggioritaria – la legge truffa – fallì. Non c’ è stato probabilmente un partito come il Partito d’ azione, dalla vita breve – si sciolse nel 1947 – così osteggiato e vilipeso, a destra e a sinistra. Al Croce non piaceva. I suoi Taccuini di guerra (1943-1945) sono pieni di stilettate. Togliatti, fin dal 1931 (su «Stato operaio») attacca Giustizia e libertà, la madre del Partito d’ azione, e Carlo Rosselli. Ancora oggi, per i fedeli di Berlusconi, la parola azionista è sinonimo di tutti i mali del mondo. Troppi leader, personalismi, litigiosità eccessiva, si dice. Nel 1951, «Il Ponte» fece un’ inchiesta sul Partito d’ azione. Fu Leo Valiani a tirare i fili: «Il Partito d’ azione fu sconfitto durante il governo Parri, e all’ indomani della caduta di Parri, in una lotta politica in cui la posta in gioco era quella della struttura dello Stato italiano e della società italiana. Il ritorno al sistema prefascista, dal quale il fascismo stesso era scaturito, si contrapponeva alla radicale riforma democratica dello Stato e della società voluta dal Partito d’ azione».

Stajano Corrado

Pagina 31
(12 luglio 2010) – Corriere della Sera”

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