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Cina di ieri, oggi, domani?: “A modo nostro” di Chen He

Chen He

A modo nostro

Palermo, Sellerio, 2018

 

La Sellerio ha acquisito i diritti a livello globale di questo romanzo cinese del 2011, che può coinvolgere un pubblico più ampio degli affezionati sinologi descrivendo le peripezie dell’immigrazione cinese in Europa. L’Autore, che vive all’estero ed ha partecipato di persona all’esperienza dei fuoriusciti che si arrabattano per sopravvivere e far fortuna in Francia o in Italia, concentra la narrazione su Wenzhou e la sua popolazione, fonte di uno dei più massicci flussi di emigrazione verso l’Europa.

Il protagonista, di origine proletaria, ha vissuto le traversie della Rivoluzione culturale, durante le quali ha avuto modo di legarsi a figli della dirigenza comunista allora sotto accusa. Ha sposato la figlia di un importante quadro che si suicida, ma il matrimonio non è destinato a durare: l’origine di classe diversa lo condanna all’esaurimento, soprattutto nella nuova Cina emersa dopo la fine del maoismo. Lui camionista, lei giornalista sulle tracce della memoria del padre, si separano e lei emigra per prima, ritrovando a Parigi una élite di figli di quadri (i principini rossi) che si sta riciclando per reinserirsi in posti di potere nella nuova Cina. Lui la seguirà, convocato dalla polizia francese a Parigi per riconoscerne le spoglie. Mentre cerca di far luce sulla vicenda della ex moglie, si addentra nel mondo degli immigrati cinesi, ne scopre gli aspetti più reconditi, e si avvia al traffico di carne umana dalla Cina verso l’Europa.

L’ambientazione alla fine del secolo scorso è focalizzata sulla rotta dei migranti cinesi attraverso l’Albania, dove l’autore ha lungamente vissuto, e dove i trascorsi rapporti ottimali tra Enver Hoxha e il maoismo hanno lasciato in eredità conoscenze linguistiche tecniche e antropologiche relative alla Cina. Divertenti i i ricordi cinematografici del protagonista sulla filmografia albanese e la sua passione infantile per un’attrice che interpretava l’eroina partigiana, e che riesce ad incontrare sia pure assai invecchiata, cantandoci insieme gli inni albanesi che i bambini cinesi imparavano a scuola.

Altre notazioni preziose sull’immaginario cinese e l’Europa è la ricerca a Parigi da parte del protagonista del “Muro dei federati” al Cimitero Père Lachaise , un must per un cinese della generazione della Rivoluzione culturale, cresciuto nel culto della Comune di Parigi.

La struttura narrativa alterna il noir alla descrizione della vicenda più ampia dei flussi migratori nell’era della globalizzazione e può catturare tanto il pubblico cinese che quello occidentale. Parigi, l’Albania e l’Italia viste con gli occhi di un cinese di Wenzhou, e maggiori elementi di conoscenza sull’origine del flusso migratorio. Meglio fare il camionista nella Cina modernizzata e riformata, trafficando merci e contrabbandando prodotti, o trafficare in uomini e donne desiderosi di sistemarsi in Europa? I tanti personaggi cinesi incontrati si industriano alternando i mestieri e le vocazioni, ammazzandosi di lavoro in fabbriche clandestine o aprendo ristoranti di lusso, girando sulle spiagge a proporre massaggi e accendini o improvvisandosi capi banda per trattare con gli scafisti che trasportano gli immigrati.

Più che un noir classico, un noir delle vicissitudini di questi tempi di mutazioni.

(Silvia Calamandrei)

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