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27 ottobre 2017: Firenze celebra Piero Calamandrei

L’intervento della nostra Presidente Silvia Calamandrei all’importante Convegno di cui a seguire riportiamo notizia:

Calamandrei maestro

Calamandrei maestro, educatore, pedagogo, fin da ragazzo con le sue favole e poemetti per il «Giornalino della domenica» ed il «Corrierino dei piccoli», ma ancora oggi nelle citazioni in rete di frasi che richiamano agli ideali di giustizia e di libertà, commentando gli articoli della Costituzione.

Un tema che ho scelto anche in omaggio al successo delle sue pagine in difesa della scuola pubblica come organo costituzionale, snodo determinante della formazione dei cittadini e di selezione della classe dirigente,scuola che soffre da decenni una crisi di progetto e di rinnovamento, non solo per la riduzione delle risorse, ma anche perché insidiata dal regresso culturale del paese.

Allievo brillante, lettore appassionato, raccoglitore ed osservatore di erbe fiori ed insetti, scrittore di poesie e racconti fin dall’adolescenza, Piero inizia precocemente una collaborazione con i settimanali per ragazzi, ed in particolare con il «Giornalino della domenica» di Vamba, intrecciando sempre la vena narrativa e ironica con l’ammaestramento morale e l’educazione ai valori risorgimentali, di cui si è nutrito in famiglia.

Anche nelle lettere alla fidanzata Ada, musa ispiratrice di tante novelle, c’è una vena pedagogica, da novello Pigmalione, nei consigli di letture e di comportamento che pervadono le quotidiane appassionate epistole amorose (Lettere ad Ada, Sellerio 2004, ora in edizione integrale su Amazon).

Una volta trovatosi nelle retrovie di quella che aveva immaginato come la quarta guerra d’indipendenza, per riscattare Trento e Trieste, il Piero irredentista ed interventista democratico scopre che c’è un intero popolo da educare, quello dei fanti contadini ammassati nelle trincee e lanciati inconsapevoli all’attacco, oppure impiegati nei pesanti lavori del genio per costruire strade e ponti, senza la minima consapevolezza degli obiettivi di quella Patria per cui sono stati chiamati a combattere.

Via via che matura questa consapevolezza affina le armi oratorie e gli strumenti di persuasione che potrà impiegare al meglio per il riscatto del dopo Caporetto, in quel Servizio di Propaganda che avrà come scopo proprio la motivazione e la creazione del consenso. Già commemorando Cesare Battisti di fronte ai soldati si era scoperto una capacità oratoria atta a commuovere, ad entrare in empatia con l’uditorio, a

renderlo partecipe della propria narrazione: una capacità di comunicazione che gli servirà non solo nelle aule dei tribunali per le arringhe ma per una educazione morale e civile attraverso i discorsi.

La propaganda, la formazione concepite dal Sevizio P dovevano rivolgersi innanzitutto agli ufficiali, e sono loro il target del materiale inviato dal Servizio, delle letture consigliate, dei suggerimenti di attività di intrattenimento per i soldati, dagli spettacoli di burattini alle case del soldato. E ad alimentare la concezione e l’elaborazione di strumenti di propaganda vengono convocati artisti, oratori e pedagoghi, da Salvemini a Lombardo Radice, dai grafici ai pittori d’avanguardia. Per una guerra di massa occorrono strumenti efficaci di persuasione, e gli intellettuali sono mobilitati in questa nuova funzione

Piero sa che per educare vanno anzitutto educati gli educatori, e nel primo dopoguerra, nella riflessione sulla riforma scolastica cui lo convoca Giovanni Gentile, molta attenzione dedicherà a maestri e professori, come testimoniano le sue conferenze sulle scuole rurali ed operaie e sull’insegnamento della storia. Alcune di queste conferenze sono state già edite nelle pubblicazioni sulla sua esperienza nella Grande Guerra o nel volumetto Perla scuola, curato da Tullio De Mauro. Proprio poche settimane fa da Siena il ricercatore Gabriele Maccianti ha ritrovato su un giornale del 1922, l'”Intervenuto”, una lettera di Piero in qualità di Presidente dell’Università popolare (istituto ancora operante a Siena), che invita ad una sottoscrizione per una impresa pedagogica che sembra riprendere gli schemi elaborati nel Servizio P, finalizzata alla “diffusione della cultura tra le masse lavoratrici”: si prevedono conferenze di reputati studiosi, biblioteca circolante, lezioni accompagnate da esecuzioni musicali e cinematografiche, mostre di lavori artistici tra gli operai .

In quegli anni, accanto all’Università popolare Piero dedica le sue riflessioni anche all’università vera e propria, tanto nelle sue riflessioni sulla formazione degli avvocati (in Troppi avvocati), considerate sempre attuali, quanto nel saggio scritto assieme a Pasquali (L’Università di domani, 1923).

Ma c’è anche un fronte privato, quello di Calamandrei divenuto padre proprio negli anni di guerra, e attento all’educazione e alla crescita del figlio Franco, osservato con occhi di entomologo e linguista, di psicologo e pedagogo. L’esperienza educativa del figlio è compendiata nell’operetta Colloqui con Franco, pubblicata nel 1923 per le edizioni della Voce (come Troppi avvocati!) e deliziosamente illustrata dall’amico Piero Bernardini (non senza suggerimenti di Piero fotografo e disegnatore).

Nella introduzione che uno dei nostri migliori maestri e pedagoghi dell’oggi, Franco Lorenzoni, ha scritto per la recente riedizione (2016 Edizioni di storia e letteratura) si dice:

“In queste pagine possiamo rintracciare, nella tenerezza e nell’attenzione verso suo figlio Franco, una delle sorgenti di quel suo impegno civile per una scuola unica, capace di essere «incubatrice di vocazioni», scuola capace di promuovere quel «ricambio sociale che la vita stessa della democrazia, così lontano dall’esser raggiunto nel nostro paese ancor oggi, a cinquant’anni dalle accorate denunce di don Lorenzo Milani e dei suoi ragazzi del Mugello. Scuola che, in uno scritto per Il Ponte del gennaio 1946, Calamandrei paragona all’acqua dove vive la vallisneria, «singolare piantina palustre, radicata negli stagni».

Il prato fiorito della vallisneria, felice metafora botanica della possibilità per ciascuno di emergere dal fondo dello stagno reclamando la propria parte di sole, è divenuto popolare grazie alla raccolta Per la scuola, curata da Tullio De Mauro (Sellerio 2008), che contiene quell’articolo, e allo studio sull’erbario di Piero adolescente curato da Paola Roncarati e Rossella Marcucci Codici e rose (Olschki 2015), con una appendice di Francesco Cocozza proprio sulle metafore vegetali nel linguaggio giuridico di Calamandrei.

Piero emerge alla Liberazione dopo un lungo magistero universitario a Firenze che gli ha consentito di coltivare speranze nell’avvenire educando giovani giuristi alla fede nel diritto. Sulla sua attività di docente non restano purtroppo molte testimonianze, se non in trascrizioni di corsi degli allievi. Ma sappiamo che molti dei suoi allievi combattono nella resistenza fiorentina, da Paolo Barile a Enzo Enriques Agnoletti e divengono esponenti del Partito d’Azione nel dopoguerra.

Dopo il 25 luglio Calamandrei era stato designato rettore, carica che tornerà a ricoprire nella Firenze in cui ha ripreso stanza la libertà nel palazzo dei padri, più alto sulle macerie dei ponti, come recita la lapide in via dei Gondi da lui dettata nel 1944. Ė da rettore universitario che saluta gli Alleati, e tiene uno dei suoi discorsi più alti, conosciuto con il titolo l’Italia ha ancora qualcosa da dire.

E subito, accanto all’impegno accademico e organizzativo come rettore e di insegnamento nel nuovo campo del diritto costituzionale, profonde le sue energie in una rivista destinata ad un pubblico colto ed impegnato, quel Ponte che deve consentire di avanzare verso un’Italia democratica e civile varcando le macerie lasciate dalla dittatura e dalla guerra. Una rivista di dibattito e di riflessione multidisciplinare che chiama a raccolta gli intellettuali sollecitandoli ad un impegno morale e civile: una rivista di élite, ma con capacità divulgativa, che sappia parlare

all’Italia colta e democratica. Ancora una eduzione degli educatori, con un linguaggio piano ed accessibile, con numeri monografici di approfondimento sullo stato dell’Italia e del mondo.

Il Calamandrei costituente,rappresentante della pattuglia del Partito d’Azione, non vinse tutte le sue battaglie nella formulazione della carta fondamentale (ed espresse senza infingimenti il suo disincanto in tanti testi), ma seppe valersi della parola scritta e recitata per difenderla e rivendicarne l’attuazione, coniugandola alla celebrazione della memoria della Resistenza.

Accanto alla direzione del Ponte e ai commenti ed articoli mensili con cui contribuisce all’educazione della nuova Italia, c’è il suo impegno di conferenziere, di scrittore e poeta, a compendiare un messaggio che resta tuttora di attualità. I discorsi e le epigrafi raccolti in Uomini e città della resistenza sono un esempio di questa grande capacità di comunicazione, acquisita nel corso di una lunga esperienza di professore, avvocato, deputato e letterato. Possiedono un’empatia che li rende tuttora vibranti, come accade per uno dei suoi ultimi discorsi ai giovani, quello del 1955 a Milano, a cui sono stati dedicati innumerevoli video che consentono di riascoltarne la voce.

Ad una vena pedagogica più specialistica, nel campo del diritto, appartengono la conferenza del 1941 Fede nel diritto e le lezioni messicane del 1952, compendiate in Processo e democrazia (CEDAM 1954).

Se la prima, che ricorre alla storiellina dei migranti sulla nave utilizzata da Calamandrei fin dai consigli agli ufficiali per rinvigorire nelle truppe il senso di appartenenza e di bene comune da salvaguardare, si inscrive nell’orizzonte del fascismo e della guerra in un disperato anelito di fede, il ciclo di conferenze a Città del Messico compendia in forma divulgativa l’equilibrio tra legalità e giustizia cui Piero perviene nell’orizzonte della Costituzione democratica. Parla ai giuristi latinoamericani che hanno raccolto la tradizione processualistica italiana (anche grazie ai tanti giuristi ebrei ivi emigrati), traducendo in castigliano tanti dei suoi testi, ma nel nesso che stabilisce tra processo e democrazia parla ad una comunità internazionale che vorrebbe unita da vincoli di pace e di solidarietà, come aveva immaginato nel progetto di Costituzione mondiale insieme a Giuseppe Antonio Borgese.

Un ragionamento pacato e consequenziale, dei nessi limpidi ed un linguaggio pulito ed accessibile, una oratoria che sa muovere i sentimenti ma senza mai smarrire il filo lucido del ragionamento. Un maestro, come lo hanno considerato Bobbio e Galante

Garrone, che così lo ricordava nella biografia molto opportunamente riedita proprio quest’anno:

L’importante è continuare a camminare, per la strada da lui additata, senza domandarci, inquieti, se si tratti di ideali realizzabili o di iridescenti utopie, o di qualcosa di indistinto e brumoso fra gli uni e le altre; se le vittorie sperate verranno davvero, e quando. «La funzione delle utopie, la funzione degli ideali verso i quali ci si dirige come verso l’arcobaleno che è là alla fine della nuvola, sull’orizzonte, è proprio questa: di aiutarci a camminare in questo duro passaggio attraverso la vita, pur sapendo che quando si arriverà là dove si credeva fosse l’arcobaleno, ritroveremo soltanto un po’ di nebbia; ma l’arcobaleno sarà ancora più in là, e noi continueremo ad inseguirlo senza fermarci». Sono, anche queste, parole sue.

Ė particolarmente felice la scelta dell’Istituto della resistenza toscana di pubblicare per l’occasione odierna uno scritto del 1954 sui temi della guerra e della pace, del superamento dei confini, della federazione europea e dell’interdipendenza tra i popoli, destinato ad un pubblico di giovanissimi per una enciclopedia geografica a carattere divulgativo. Quello dei giovani era il pubblico che Calamandrei apprezzava e coltivava di più, nell’urgenza di educarlo alla cura della cosa pubblica, del bene comune, della solidarietà, ricordando che “l’uomo non vive solo, vive in società. Ė una creatura essenzialmente sociale e socievole”. Nell’appello accorato ai giovani a interessarsi di politica, nel discorso del 1955 agli studenti milanesi, c’è tutta la sua preoccupazione per la partecipazione alla cosa pubblica, fondamento di una democrazia che funzioni.

Silvia Calamandrei

 

In occasione del 70° anniversario dell’approvazione della Costituzione italiana, il Comune di Firenze e l’Istituto storico toscano della Resistenza e dell’età contemporanea (Isrt) ricordano il fiorentino Piero Calamandrei con una giornata di studi “Piero Calamandrei: l’uomo, il giurista, l’intellettuale” venerdì 27 ottobre nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio ed una mostra “Piero Calamandrei: intellettuale democratico nella Firenze del dopoguerra” all’Archivio storico del Comune di Firenze in via dell’Oriuolo, 35 dal 2 al 22 novembre 2017. Gli eventi sono stati presentati dalla presidente della Commissione cultura Maria Federica Giuliani, da Luca Brogioni dell’archivio storico del Comune di Firenze, da Sergio Paparo presidente dell’Ordine degli Avvocati, da Antonella Miccoli della Fondazione per la formazione forense, da Giulio Conticelli, curatore della mostra e da Simone Neri Sernesi presidente dell’Istituto storico della Resistenza. “La Commissione cultura ha deliberato l’organizzazione di questo appuntamento, una giornata per ricordare Piero Calamandrei – ha spiegato la presidente Maria Federica Giuliani – che è nata col rispetto e l’amore verso un grande fiorentino. Calamandrei non è stato solo un grande giurista, costituente o patriota. Per noi è stata una persona con una grande umanità e con un grande cuore. Un esempio lungimirante di politico che ha reso omaggio alla cosa pubblica. L’Ordine degli Avvocati e la Fondazione dell’Ordine degli Avvocati, già si erano attivati con successo per commemorare il grande giurista attraverso uno spettacolo al Teatro della Pergola con l’idea di offrirne un’immagine più intima e si sono uniti per la realizzazione di questa giornata di studi che il 27 ottobre apriremo con lo svelamento di una targa sulla facciata di Palazzo Vecchio, lato via dei Gondi, per ricordare Piero Calamandrei che è stato anche consigliere comunale”. “Il convegno – ha aggiunto Simone Neri Sernesi – presenterà relatori di alto profilo ed è rivolto alla cittadinanza fiorentina e, in particolare agli studenti delle scuole superiori ed agli avvocati. Calamandrei è stato un intellettuale ed un politico nel senso più alto della parola, una personalità che si è sempre impegnata dal punto di vista civile. Un protagonista della Firenze democratica negli anni post bellici”. “Il nuovo palazzo di giustizia – ha ricordato il presidente dell’Ordine degli avvocati Sergio Paparo – è intitolato a Piero Calamandrei. E’ l’unico palazzo di giustizia in tutta Italia che non è intitolato ad un magistrato. Abbiamo scelto di intitolarlo a lui perché Calamandrei è stato un giurista”. “La fondazione per la formazione forense ha come obiettivo non solo la formazione degli avvocati ma anche di diffondere un senso della cultura giuridica. Per chi è avvocato – ha continuato Antonella Miccoli – la figura di Piero Calamandrei è sempre stata pervasiva. E in tutti gli studi legali c’è sempre stato il famoso libro “Elogio dei giudici” scritto dall’avvocato Calamandrei”. “L’archivio Calamandrei – ha illustrato il curatore Giulio Conticelli – che è oggetto della mostra è una miniera d’oro. L’istituto storico della resistenza possiede questo archivio che la moglie di Calamandrei donò negli anni ’60. Un padre della Repubblica che è stato europeo e fiorentino”. “Per noi dell’archivio storico del Comune ospitare questa mostra è stata una sfida. Abbiamo scelto documenti importanti – ha concluso Luca Brogioni – che raccontano anche la ricostruzione della città e la vita politica della Firenze repubblicana”. L’iniziativa intende ripercorre la figura di Calamandrei in quanto politico, intellettuale e giurista, nel suo stretto rapporto con i principi della Carta fondamentale e con la città di Firenze e il suo territorio. La mostra si articola in quattro sale, dedicate a periodi ed aspetti diversi della vita e dell’impegno del giurista. La prima sala, oltre a presentare la figura di Calamandrei, si concentra sul periodo successivo alla Liberazione di Firenze (11 agosto 1944) e sul clima della ricostruzione nel secondo dopoguerra, in particolare sulla nascita de «Il Ponte», rivista fondata da Calamandrei nell’aprile del 1945 con la partecipazione di Vittore Branca, Enzo Enriques Agnoletti, Carlo Levi, Eugenio Montale, Norberto Bobbio ed altri. La seconda sala intende ricordare Calamandrei nei suoi rapporti con Firenze e la Toscana e come politico. Ripercorre l’amore per la natura ed il paesaggio, le gite con gli amici (tra cui Nello Rosselli, Luigi Russo, Pietro Pancrazi), i rapporti con personalità quali Giorgio La Pira e il Cardinale Elia Dalla Costa, nonché l’impegno politico a partire dall’adesione al Partito d’Azione, attraverso l’elezione a membro dell’Assemblea Costituente e la battaglia per la Costituzione, fino alla carica di consigliere comunale per la lista del PSI nel 1956. La terza sala si sofferma su Calamandrei avvocato e studioso del diritto, ripercorrendo tra le altre cose i rapporti con Bobbio ed il progetto di un’Antologia giudiziaria, la presidenza del Consiglio nazionale forense e la difesa nel processo contro Danilo Dolci; e presentando integralmente uno scritto di Calamandrei relativo ai temi dei confini, della pace, e del pericolo atomico, risalente al 1954 ma di grande attualità. Chiude la mostra un filmato proiettato nella quarta sala, costituito da una selezione di fotografie e citazioni relative al viaggio in Cina compiuto nel novembre 1955 da una delegazione di intellettuali italiani composta tra gli altri da Piero Calamandrei, Norberto Bobbio, Carlo Cassola e Franco Fortini, a cui nell’aprile 1956 fu dedicato interamente un supplemento de «Il Ponte». Curatore della mostra è l’avvocato Giulio Conticelli, già docente presso la Facoltà di giurisprudenza dell’Università degli studi di Firenze, vicepresidente della Fondazione La Pira, consigliere e già vicepresidente dell’Isrt, autore di studi sulla storia della Costituzione e sulle tematiche europee nel pensiero e nell’azione di Giorgio La Pira. La mostra, che avrà luogo nei locali dell’Archivio storico comunale di Firenze in via dell’Oriuolo 35, sarà inaugurata il 31 ottobre alle ore 17 e sarà aperta dal 2 al 22 novembre 2017, con orario dal lunedì al venerdì dalle ore 10 alle ore 13, con possibilità di visite pomeridiane su prenotazione nei giorni di martedì e giovedì (prenotazioni.archiviostorico@comune.fi.it) Fonte: Comune di Firenze – Ufficio Stampa

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