Un altro prezioso tassello di storia locale, e non solo: “Grazie” di Roberto Pagliai
Roberto Pagliai
Grazie. Dalla battaglia di Monticchiello alla Liberazione
Perugia, Ali&no, 2017
Roberto Pagliai tenacemente ricostruisce la memoria di una Resistenza nel territorio che vorrebbe riconciliata e perfetta per renderla patrimonio comune. Prosegue il lavoro avviato con il saggio del 2013 L’ultimo partigiano, arricchendolo ed approfondendolo, e tiene presente nuovi approcci come quello di Giovanni De Luna ne La resistenza perfetta. Non è uno storico di professione, ma un appassionato della memoria locale, che seguita ad indagare per trovare risposta ai propri quesiti.
Le interviste agli anziani protagonisti sono preziose testimonianze che si mettono a disposizione per tramandare una speranza che era nell’aria subito dopo la Liberazione e che poi forse è andata dispersa.
L’epicentro attorno a cui ruotano la ricerca e le testimonianze è la battaglia di Monticchiello, ormai assurta a rappresentazione iconica della forza partigiana contro la brutalità fascista e tedesca, tramandata dalle narrazioni del Teatro povero. Ma le domande di Pagliai allargano e scavano oltre quell’episodio, ricostruendo scelte consapevoli e casualità di percorsi, ed episodi drammatici come la strage di Civitella Val di Chiana, rappresaglia che ha lasciato una traccia lunga, difficile da rimarginare. A Monticchiello invece, la rappresaglia è stata evitata grazie alla presenza di una proprietaria tedesca che dialoga con l’ufficiale tedesco venuto ad indagare, rassicurandolo sul non coinvolgimento della popolazione.
La resistenza comunista e quella cattolica, che si esprimono nelle diverse bande partigiane, trovano echi nei protagonisti superstiti, memori comunque di un affratellamento che durerà a lungo, pur nei conflitti del dopoguerra. Molti hanno avuto una formazione comune giovanile nell’Azione cattolica, che influenza i loro percorsi anche se diventano esponenti del Partito comunista, Vittorio Meoni spiega bene questo intreccio, e il legame che lo ha unito a La Pira e al cardinal Della Costa durante il suo periodo di studi a Firenze.
Pagliai, che sente come eroi ed eredi di quella unità resistenziale Moro e Berlinguer, e si rammarica che il loro dialogo sia stato spezzato nella tragedia del 1978, vorrebbe trasmettere alle nuove generazioni una memoria che consenta di rinverdire l’antica speranza.
Bello il lavoro di cucire insieme i ricordi, risvegliati dalle sue pressanti ed accorate domande, e accurata la seconda parte di ricostruzione delle fonti, sia archivistiche che bibliografiche.
Siamo lieti di essere l’istituzione che viene citata per prima nei ringraziamenti, per la ricchezza delle fonti primarie cui Pagliai ha attinto, principalmente nell’archivio di Lidio Bozzini, donato dalla famiglia secondo le sue volontà, come ricorda Luciana Bozzini nel suo contributo. La passione con cui Pagliai ha lavorato su quelle carte, che hanno avuto un primo riordino fatto dall’archivista Francesca Cenni e da Lucia Musso, ha consentito di evidenziarne tanti elementi preziosi, la cui pubblicazione spinge a progettare un inventario vero e proprio. E’ un lavoro su nostri Archivi del Novecento che integrerebbe le digitalizzazioni di testi ormai irreperibili, resa possibile nel 70mo della resistenza da fondi dell’ANPI.
La prefazione di Benedetta Origo colloca il saggio in quella lunga linea storiografica che parte dalla Guerra in Val d’Orcia di Iris Origo, tessendo una narrazione epica fondata su tanti episodi di coraggio, solidarietà ed umanità, con radici in un mondo contadino di antica civiltà.
Di recente abbiamo avuto ospite una studiosa australiana, Judith Pabian, che sta facendo una ricerca analoga sulla resistenza e la resilienza nel territorio tra la Val di Chiana e la Val d’Orcia , e che sicuramente troverà motivi di interesse nel lavoro di Pagliai, così ancorato alla memoria locale. Oltre che ai protagonisti
del la sua narrazione la gratitudine va dunque rivolta anche a lui , che ha saputo raccogliere queste preziose testimonianze.
Silvia Calamandrei