Teatralità della storia: “Archivi e banche dati e fonti orali al servizio della storiografia della Rivoluzione culturale…”
Archivi e banche dati e fonti orali al servizio della storiografia della Rivoluzione culturale: una nuova lettura, “teatrale”, delle violenze della Rivoluzione culturale e la biografia di una generazione educata a riprendere il testimone della Rivoluzione
Guobin Yang The Red Guard Generation and Political Activism in China, Columbia University Press, New York 2016
La ricchezza dei materiali d’archivio e la loro organizzazione in repertori, non solo ad Hong Kong e nelle università americane, ma anche in Cina, consente agli studiosi di avanzare nelle interpretazioni della Rivoluzione culturale, un evento la cui lettura è ancora controversa a 50 anni di distanza.
La premessa sulle fonti e la ricca bibliografia finale fanno già di per sé uno strumento prezioso del saggio di Guobin Yang, professore associato alla Università di Pennsylvania e autore in precedenza di una significativa ricerca sull’attivismo in rete dei cittadini cinesi.
Il suo lavoro, che prende spunto dai violenti scontri di fazione tra le Guardie Rosse a Chongqing, è dedicato alla generazione delle Guardie Rosse ed al loro percorso e si basa sulle tante raccolte di pubblicazioni ormai disponibili, sulla banca dati creata dall’ex Guardia Rossa Song Yongyi ad Hong Kong, sulle centinaia di diari , agendine ed epistolari editi e inediti, nonché su interviste condotte dall’autore alla fine degli anni Novanta.
A proposito della banca dati di Song, lo storico Frank Dikőtter, che vi ha attinto ampiamente per la sua trilogia sulla Cina comunista, ne parla come del vero “monumento” ai milioni di vittime la cui memoria si vorrebbe cancellare. Dopo quella relativa alla Rivoluzione culturale, Song ne ha create altre due, una sul Grande balzo in avanti e l’altra sul Movimento contro la destra del 1957, ampliando i materiali a disposizione degli storici.
Guobin Yang ha parole di apprezzamento per gli archivi della Biblioteca di Chongqing, ai quali ha avuto il privilegio di accedere, e grazie ai quali ha potuto ricostruire il suo case-study sulle violente battaglie tra le fazioni, testimoniate anche dal famoso cimitero delle Guardie Rosse di Chongqing.
Lo studioso è il primo a introdurre una nuova lettura delle violenze delle Guardie Rosse, basata sulla teatralità delle loro gesta più che su interessi costituiti contrapposti: gli scontri violenti che dividono la gioventù dopo che si è scatenata contro i demoni dei dirigenti “che hanno imboccato la via capitalista” o “intellettuali e accademici borghesi” le consentono di inscenare quelle battaglie rivoluzionarie per la quale è stata educata fin dagli anni cinquanta.
La gioventù nata e cresciuta nella Cina dopo la Liberazione, nutritasi della retorica dei film sulla guerra antigiapponese e dei romanzi sulle sofferenze della vecchia società, delle ripetute campagne di massa e dei manifesti e parole d’ordine di stampo rivoluzionario e militaristico, ha bisogno di canali in cui esprimere la propria vocazione al martirio e testimoniare della propria fede rivoluzionaria. Una volta mobilitati, questi giovani proseguono nelle loro battaglie, in cerca di nemici e bersagli da abbattere, che spesso trovano dai propri stessi ranghi. Degli zeloti della Rivoluzione insomma, che si calmeranno solo una volta spediti in campagna, a contatto con la cruda realtà della Cina contadina.
Dopo la grande “sceneggiata” che dura dal 1966 al 1968, l’immersione nella ruralità è la seconda tappa della formazione di una generazione che emergerà come protagonista della Cina delle riforme, disillusa e capace di trasferire il proprio attivismo nell’imprenditoria. Una parabola straordinaria nell’arco di una sola generazione.
Bella la ricostruzione della esperienza di !”immersione”, o “discesa”nella Cina profonda, la scoperta della dimensione del quotidiano, o meglio della sopravvivenza, la “desacralizzazione” della retorica e la nascita di una controcultura che si nutre di libri proibiti, di scambi di corrispondenza, di nuove narrazioni. La spinta alle riforme verrà anche da questa esperienza, riversandosi nei movimenti di protesta degli anni Settanta ed Ottanta.
Altri elementi di interesse del libro l’analisi della contrapposizione tra Vecchie Guardie Rosse figlie della élite (i primi a mobilitarsi sulla base del lignaggio di sangue) e i Ribelli (con origini famigliari meno nobili), che si ritrova fino al giorno d’oggi. In fondo la classe dirigente odierna, ivi compreso Xi Jinping, è costituita da quei “principini” che si proclamavano gli unici veri eredi della Rivoluzione nei primi mesi della Rivoluzione culturale, e che poi vennero messi da parte dai Ribelli.
Nelle conclusioni Yang cita il raduno del 3 febbraio 2015 di più di un migliaio di figli e nipoti dei dirigenti rivoluzionari cinesi per celebrare l’anno nuovo: questa cerimonia autoidentitaria si ripete ogni anno. In nessun paese al mondo c’è una simile autoaffermazione di una casta privilegiata…. Ed ancora oggi la narrazione del passato divide.
(Silvia Calamandrei)
English version
Guobin Yang The Red Guard Generation and Political Activism in China, Columbia University Press, New York 2016
Thanks to archives, inventories and data-bases, collected and now open to access not only in American and Hongkong universities and institutions, but also in mainland China, researchers are advancing new interpretations of the Cultural Revolution, an event still controversial after 50 years.
The introductory note on data and the rich final bibliography on the sources are already a precious tool offered by Professor Guobin Yang (Pennsylvania University), author as well of the award winning The Power of the Internet in China. Citizens Activism Online.
His work, whose initial step was a case-study of factional conflicts among Chongqing Red Guards, focuses on the Red Guard generation and the story of these young people, and it’s based on available collections of publications , on Song Yongyi data-base in Hong Kong[1], on hundreds of published and unpublished journals, notebooks and letters, as well as on interviews conducted by the author at the end of the 90’s.
Documentation is more and more available also in mainland China: Guobin Yang thanks the archives of the Chongqing Library for the precious files that he had the privilege to consult. Otherwise, his case-study on Chongqing Red Guards would have been impossibile and we would have no key to interpret the famous cemetery of Chongqing were Red Guards fighting against each other had their tombstone next to one another.
Guobin Yang is the first to introduce a new approach to explain the violence of the Red Guards, using the “performance theory”. They acted more for the sake of performance than pushed by specific interests or motivations: when they started splitting among themselves after having fought against the capitalist roaders or the academic authorities and the bourgeois intellectuals their violence was a way of staging those revolutionary battles for which they had been trained and educated since the 50’s.
Young people grown up in Liberated China, fed by the rhetoric of anti Japanese war movies and novels on the sufferings in the old society, trained in the mass campaigns and inspired by revolutionary posters and slogans, needed channels to express their vocation to martyrdom and to testify their revolutionary spirit. They had to prove that they were the successors of the heroes of the revolution. Once mobilized, they went ahead in their battles, looking for enemies and targets, and often they found them in their own ranks. Revolutionary zealots, who will calm down only once sent down to the countryside, finally in touch with the hard reality of rural China.
After the great show staged from 1966 to 1968, the “sent down experience” is a new beginning for a generation that will emerge in the Reform period, with no illusions and capable of transferring its activism in economic initiative. An extraordinary experience of transformation in the lapse of a generation.
Guobin Yang reconstructs very well the significance of the Red Guards experience in the countryside, the discovery of problems of day-to-day life and of the self, the desacralization of revolutionary rhetoric and a new identification with ordinary people, as well as the birth of an underground culture nurtured by forbidden books, exchange of letters, new tales. This experience will push forward the post-Mao reforms and will express itself in the protest movements of the 70’s and the 80’s.
Very interesting also the analysis of the contrast between the Old Red Guards belonging to the Red families, the children of the revolutionary leaders who were the first to mobilize themselves in 1966 and the Rebels (with no good blood origin). This contrast still exists at present: isn’t the new leadership based on the “princelings”, and Xi Jinping one of those who promised to stage their come back when the Rebels pushed them aside?
They consider themselves the true successors of the revolutionary cause and every New Year they meet together to celebrate their privileges, as Guobin Yang tells us in his Conclusions: in no country in the world such a celebration would take place….
[1] The historian Frank Dikőtter, who used it at lenght for his trilogy in China since Liberation, defines the data-base of Song Yongyi as the true “monument” to millions of victims that otherwise would be forgotten. And after the one on the Cultural Revolution, for the benefit of historians, Song has created two other ones, one on the Great Leap forward, and the other on the Movement against the Rightists.