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L’eterno dilemma: immaginazione o realtà?: “Sogni e favole” di Emanuele Trevi

Emanuele Trevi

Sogni e favole

Ponte alle Grazie, 2019

 

Intenso e coinvolgente, il “romanzo” di Trevi si colloca tra autobiografia, critica letteraria, memoria nostalgica, romanzo di formazione, narrazione da flaneur nella Roma di fine secolo, tra la Chiesa nuova, via del Corallo e Piazza del fico, teatro di incontri con personaggi che hanno un ruolo chiave nella sua costruzione identitaria: il fotografo ritrattista Arturo Patten, la poetessa Amelia Rosselli ed il critico Cesare Garboli. Non mancano gli incontri con luoghi densi di significati, come l’interno della Chiesa nuova con il suo marchingegno-macchina del tempo che sente di risalire dalla Madonna di Rubens ad un’antica immagine medievale, o la casa familiare di Garboli a Vado nella quale non si contrastano i segni del tempo lasciando che si trasformi in una enorme soffitta (“Il logorarsi delle cose, in fondo così simile al logorarsi umano, non era nascosto e rimediato come una vergogna”).

Ma il vero protagonista e forse invidiato alter ego è il Metastasio, di cui Garboli gli ha lasciato in eredità un possibile ritratto, a commento del sonetto “Sogni e favole io fingo”, in cui il poeta seicentesco si lascia scappare il dubbio che tutto sia sogno e favola e che la finzione trasmetta forse una più alta verità. Un Metastasio poeta di corte che finalmente viene riscattato dagli impietosi giudizi moralistici del De Sanctis o dell’Alfieri, apprezzandone la felicità inventiva, la fantasia delle trame, la facilità musicale dei suoi versi.

I due amici che si sono tolti la vita, Arturo ed Amelia, possiedono una vibrazione ed un anelito all’assoluto che Trevi ritrae con devozione e sobrietà, lei “un’anima in pena”, lui capace di estrarre il succo di una persona nel ritratto fotografico, con uno sguardo capace di trasformare l’esteriore in interiore. Amelia, capace di creare un “dislivello” nella baraonda della serata dei poeti a Castelporziano; lui in contemplazione estatica di fronte ai film di Tarkovskij o al Cimabue del Louvre.

Un libro che si legge con vero piacere e di ci si godono le pregnanti immagini alternate alla scrittura, fotografie, riproduzioni e copertine di libri.

(Silvia Calamandrei)

 

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