Skip to content Skip to left sidebar Skip to footer

Il libro della settimana…dal 30 novembre al 5 dicembre 2009

Lucio Villari

Bella e perduta

L’Italia del risorgimento

Roma-Bari, Laterza, 2009

 

La bella del titolo non è la Bella di New Moon, ma la patria “sì bella e perduta” cantata nel Nabucco di Verdi: l’Italia  dolente raffigurata in copertina in un quadro di Hayez.

In tempi di polemiche che arrivano a rimettere in discussione la tematica dell’unità d’Italia e la sua celebrazione, il saggio di Villari è un utile ricapitolazione del percorso risorgimentale, delle sue tappe fondamentali, dalla fase preparatoria napoleonica ai moti carbonari alle guerre d’indipendenza.

Ma soprattutto troviamo una ricostruzione dello sviluppo della cultura e delle idee e del concorso di intellettuali, letterati, musicisti e poeti alla costruzione della nostra identità nazionale.

Un moto élitario dunque, di cui profitta la dinastia sabauda per colonizzare l’Italia? Villari fa giustizia delle versioni sanfediste tornate in circolazione, per ricordare come spesso ad accendere la scintilla siano stati i moti siciliani o del napoletano, e come, citando Cattaneo, a Milano sulle barricate del 1848 tra i 335 caduti si contassero 160 operai e artigiani e 28 bottegai, a testimoniare l’adesione del popolo delle città al moto indipendentista. In un afflato di unità nazionale, le signore milanesi indossano cappelli a punta di foggia calabrese per celebrare i moti di Calabria.

La narrazione è fitta di notizie come questa e di citazioni dai giornali dell’epoca e si scoprirà che Marx nel marzo 1848 scriveva all’ “Alba” di Firenze proponendo uno scambio con la “Neue Rheinische Zeitung” impegnandosi a difendere la causa dell’indipendenza italiana., e che sempre a Firenze, Carlo Collodi dirigeva nel 1846 “Il lampione”, giornale di ispirazione mazziniana. Oltre alla sottolineatura del ruolo d’avanguardia del giornalismo, soprattutto in Lombardia e Toscana, meritano attenzione l’accenno all’inglese in cui Mazzini scriveva spesso i suoi proclami, “biblico e byroniano”, ma soprattutto le pagine sui “volontari” nelle guerre d’indipendenza, a testimoniare l’adesione della gioventù al progetto risorgimentale.

Alla luce dell’oggi, Villari si sofferma sul dissidio Cattaneo-Mazzini, foriero di sviluppi tuttora all’opera e sulla contraddizione città-campagne, sottolineando il carattere eminentemente cittadino della mobilitazione risorgimentale, così come poi sulla contrapposizione Italia amministrativa e Italia produttiva dopo il 1870 e Roma capitale.

Di Villari è l’auspicio, nell’introduzione che il Risorgimento venga narrato da voci giovanili, allegre e lievemente incantate, una “favola bella” che rimane “l’orizzonte storico cui gli italiani hanno sempre fatto riferimento”, e che merita di essere riraccontata.

Una lettura che ci aiuta nel costruire il percorso dell’istituzione Biblioteca archivio verso le celebrazioni del 150mo, così come da raccomandare è quella dello stimolante saggio di Mario Isnenghi in La storia negata, Il revisionismo e il suo uso politico (a cura di Angelo Del Boca, Neri Pozza 2009), intitolato “I passati risorgono. Memorie irriconciliate dell’unificazione nazionale”, che ci invita a leggere il romanzo d’appendice sulle barricate delle cinque giornate di Milano di Antonio Scurati, Una storia romantica (Rizzoli 2007), revisionista ma controcorrente, contrapposto al romanzo austriacante di Fausta Garavini In nome dell’imperatore (Cierre 2008), che presenta Confalonieri, Pellico e Maroncelli come “sovversivi da salotto”.

Silvia Calamandrei

« Torna indietro