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Cina sempre più vicina: due opere sulla storia recente

La Biblioteca ha in ordinato le diue opere qui recensite, che saranno quindi disponibili tra breve. Ci è parso opportuno segnalarle prima delle definitiva acquisizione, data l’attualità dell’argomento

“Pechino in coma” e “Arricchirsi è glorioso”

Feltrinelli 2009

Due romanzi fiume cinesi nel ventesimo anniversario della repressione di Tienanmen.

Il grottesco è la chiave narrativa di due romanzi cinesi attualmente in libreria: la seconda parte di Brothers di Yu Hua, intitolato dalla casa editrice Feltrinelli Arricchirsi è glorioso e Pechino in coma di Ma Jian, per i tipi della stessa Feltrinelli.

Entrambi sono bipartiti, il primo tra Rivoluzione culturale ed era delle riforme, nella scansione dei due volumi; il secondo tra cronaca del movimento per la democrazia che culmina nella strage di Tienanmen e accelerazione delle riforme post-1989, con l’espediente narrativo del protagonista in coma per una pallottola ricevuta il 4 di giugno che continua ad avvertire quanto avviene attorno a lui senza poter comunicare opn gli altri.

In entrambi i casi si tratta di operazioni assai ambiziose, anche nella mole, e di dubbia riuscita narrativa; il lettore deve affrontare un’ardua fatica per la sovrabbondanza dei dettagli, la crudezza del linguaggio, le immagini splatter, la dispersione del plot., l’affastellarsi di particolari. E’ come se ci fosse una difficoltà degli autori a padroneggiare la schizofrenia di uno sviluppo selvaggio subentrato agli anni delle violenze e dei disordini della rivoluzione culturale e impossibilitato a trovare espressione democratica.

Combinare il commento a due scrittori assai diversi, l’uno tuttora in Cina come Yu Hua e l’altro da tempo (1987) esule e residente a Londra, dove scrive per il “Times”, forse è far loro torto, soprattutto a Yu Hua,. Nato nel 1960 ed esponente di spicco della nuova letteratura cinese,  è uno scrittore autentico, che soprattutto nel primo volume, nelle pagine sulla rivoluzione culturale, riesce a scrivere pagine vibranti e drammatiche. Ma Jian, più vecchio (1953) è sempre stato piuttosto un cronista, ed il suo libro sul Tibet Tira fuori la lingua, bandito in Cina perché razzista ed offensivo della civiltà tibetana, è stato stranamente accolto in Occidente come un omaggio a tale civiltà, pur nella sua barbarie.

Mentre la saga di Yu Hua, uscita in due parti nel 2005 e 2006, ha avuto largo successo di vendite e ha suscitato discussioni in Cina, come tentato affresco, non sempre ben riuscito, del passaggio brusco dal medioevo alla modernità, Pechino in coma è un romanzo scritto all’estero,  pubblicato in inglese alla vigilia delle Olimpiadi, con ben calcolati tempi commerciali. La parte più interessante è la descrizione minuziosa del movimento studentesco del 1989, fin dalle sue origini, con la trascrizione quotidiana dei dialoghi e dei dibattiti che si svolgono al suo interno, fino alla repressione finale. Più improbabili le parti che si alternano in corsivo, con il percorso degli amici sopravvissuti che vengono in visita, alcuni emarginati, altri arricchitisi,  e della madre che assiste il giovane in coma, e che da rigida seguace del Partito comunista si trasforma in adepta della setta del Falun Gong. Grotteschi i tanti personaggi di contorno, presi dalla febbre speculativa (perfino l’orina del protagonista in coma è oggetto di commercio come rimedio miracoloso).

Entrambi gli scrittori si sono espressi in questi giorni sul ventesimo anniversario di Tienanmen: Yu Hua ha accennato al suo articolo in proposito sul “New York Times” anche alla Fiera del Libro di Torino, sottolineando che in quei giorni per la prima volta ha avvertito il significato della parola “popolo”, abusata e inflazionata nella Cina comunista. Si tratta della sua prima dichiarazione pubblica su quei giorni, e all’epoca aveva trent’anni.

Ma Jian  ha scritto sul “Guardian” su Il tabù di Tienanmen (2 giugno), ovviamente più liberamente, testimoniando della sua più recente visita in Cina e degli incontri con alcuni amici che vissero quelle giornate e con un soldato che fu mobilitato giovanissimo sulla piazza e ha deciso finalmente di parlare di quanto avvenne, esponendosi anche su internet (il suo sito è stato ovviamente subito chiuso).

Entrambi si preoccupano della memoria cancellata e del fatto che le nuove generazioni non serbino il ricordo del passato.

I loro libri, anche se letterariamente poco felici, sono mattoni nella costruzione della muraglia del ricordo.

[Recensione di Silvia Calamandrei]

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