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Una grande donna dimenticata, ma ora non più: “L’architettrice” di Melania Mazzucco

Melania Mazzucco

L’Architettrice

Torino, Einaudi, 2019

 

A volte invidiamo gli anglosassoni che sanno darci romanzi storici di intrattenimento: basti pensare al La Ragazza con l’orecchino di perla di Tracy Chevalier che ha fatto conoscere a tanti Vermeer ed il secolo d’oro olandese. Ma anche noi abbiano ottime narratrici, come Melania Mazzucco, che ci ha raccontato Tintoretto ed ora ci dà il ritratto di un’artista del Seicento romano, Plautilla Bricci, pittrice ed architetta, che ha progettato la villa del Vascello ed una cappella in San Luigi de’ francesi ed ha dipinto immagini sacre in varie chiese.La Mazzucco è narratrice colta, documentatissima, ma sa calarci nell’atmosfera barocca e farci incontrare tanti personaggi dell’epoca, dal Cavalier d’Arpino, al cardinal Barberini, al Mazzarino. La protagonista è una donna coraggiosa, capace di farsi valere in un mondo che dà poco spazio alle donne.

Il romanzo storico della Mazzucco è impegnativo: si apprende molto sulla Roma del Seicento, sui papi e i loro artisti, sulla vita dei grandi e degli umili, sui cantieri di San Pietro, delle chiese e delle ville, e sulla difficile battaglia di una donna, Plautilla Bricci, per affermarsi come pittrice ed architettrice, andando incontro a tante rinunce.

Ed è anche un romanzo avvincente, pur se di notevole densità: la vicenda amorosa con un aspirante abate consigliere ed emissario a Roma del cardinal Mazzarino, Elpidio Benedetti, è tormentata e poco romantica, dato che le priorità di carriera di lui e gli obblighi famigliari di lei ostacolano l’unione. La creatura cui daranno vita sarà la Villa sul Gianicolo che lui le fa progettare e costruire, quel Vascello che verrà distrutto dai bombardamenti francesi al tempo della Repubblica romana. Alla vicenda della battaglia del 1849 viene dedicato un cammeo, che si alterna alla narrazione seicentesca.

Figlia d’arte, Plautilla viene educata dal padre Giovanni Briccio alla pittura e frequenta fin da ragazzina artigiani, artisti e cantieri romani, nella Roma dei Barberini visitata da Cristina di Svezia, nella quale Bernini e Borromini si contendono il primato della scultura e dell’architettura e Pietro da Cortona subentra al Cavalier d’Arpino nella pittura. Le grandi famiglie romane, dai Pamphili, agli Spada ai Chigi gareggiano a costruirsi e farsi decorare i palazzi, ed anche una donna riesce a ricavarsi un suo spazio, così come fa Artemisia al seguito del Gentileschi padre.

Il suo protettore, oltre a farsi costruire la villa Benedetta, riesce ad assegnarle una cappella in san Luigi de’ Francesi, ma nelle storie dell’arte successive spesso il nome di Plautilla verrà associato a quello del fratello Basilio, quasi che ad una donna non si potesse attribuire opera architettonica.

Per ammirare la ricchezza delle ricerche compiute dalla Mazzucco si consulti il sito www.einaudi/architettrice. Si tratta di ben 27 pagine di riferimenti archivistici ed iconografici. Belle le illustrazioni del volume, con i dipinti ed i progetti nonché le foto ottocentesche delle rovine del Vascello.

(Silvia Calamandrei)

Ci sia consentita una breve postilla “femminista”: la vicenda della distruzione della villa del Vascello, durante l’assedio di Roma alla fine del breve esperimento della Repubblica Romana del 1849, ci dovrebbe ricordare che tra i protagonisti di questa breve ma interessantissima pagina della nostra storia ci fu la Principessa Cristina Trivulzio di Belgiojoso, una delle figure più complesse e “moderne” dell’Italia (e dell’Europa) dell’Ottocento. Eppure anche lei, come l’architettrice, era finita in un limbo della memoria a causa dell’ostilità preconcetta del nostro mondo culturale nei confronti delle donne che escono dal clichè “moglie-madre-amante”: un’ostilità talmente preconcetta che a nostro parere scatta automaticamente, e quindi in modo ancor più implacabile. Solo da poco ci si sta rendendo conto, e a fatica, del valore di certe figure femminili, del tutto autonome rispetto al mondo maschile: non possiamo che augurarci che tale processo di riconoscimento prosegua, oserei dire “inesorabilmente”.

(Duccio Pasqui)

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