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RECENSIONE. Tecnocina, Storia della tecnologia cinese dal 1949 a oggi, Simone Pieranni, 2023

Tecnocina, Storia della tecnologia cinese dal 1949 a oggi, Simone Pieranni, 2023

Questo che ci offre Pieranni con Tecnocina, Storia della tecnologia cinese dal 1949 a oggi (add editore, Torino 2023)) è un ritratto sfaccettato di un Paese che ha scelto di procedere in modo autonomo in molti campi, dalla politica alla tecnologia. In un percorso che va da Mao a Xi Jinping si narra come, attraverso l’innovazione tecnologica, la Cina ha costruito la sua autonomia dall’Occidente, conferendo all’avanzamento scientifico un ruolo non solo di investimento economico ma di base del modello politico cinese e della sua capacità di egemonia globale.

Nella postfazione l’autore spiega l’inizio secco al 1949 adducendo l’opera monumentale di Needham sulla storia della scienza cinese, tanto per ricordarci che prima c’è un percorso lungo e fecondo quanto quello della scienza occidentale, con un famoso ed enigmatico punto d’arresto nelle applicazioni pratiche. Tuttavia andrebbe fatto qualche cenno almeno al periodo della rivolta contro il “secolo delle umiliazioni” e al culto della scienza come religione laica che ha accompagnato la nascita della Repubblica e soprattutto il grande movimento del 4 maggio 1919 che ha gettato le basi della Cina moderna.

Sulla scia dei tentativi di spiegare la sconfitta nazionale a partire dalle guerre dell’oppio e della penetrazione coloniale nel XX secolo si sviluppa un vivissimo interesse non solo per i prodotti tecnologici (soprattutto bellici) occidentali ma per la mentalità che ne ha consentito lo sviluppo: di qui l’interesse per il positivismo e successivamente per il pragmatismo di Dewey – egemonico nel Kuomintang Egemonia di Dewey, affiancato a sinistra dal pensiero anarchico e socialista. Neppure sarebbe da sottovalutare il soggiorno lungo un anno di Bertrand Russell nel 1920 all’università di Pechino e in giro per conferenze in tutto il Paese. A una di queste partecipò, con rilievi critici, il giovane Mao, di cui è documentato l’interesse per la dottrina einsteiniana della relatività e ancor più per le teorie quantistiche, nel tentativo di innestarlo sull’approccio cosmologico taoista e sulla sua visione della contraddizione come tratto universale della realtà.

Scrive al proposito Pieranni: «Mao Zedong aveva un interesse particolare per la fisica, con cui pensava di poter spiegare scientificamente la sua filosofia. Gli piaceva parlare con i fisici e – dopo la presa del potere – si circondava delle migliori menti della scienza cinese, uomini e donne che dopo la vittoria della rivoluzione comunista erano tornati in Cina per prendere parte alla nascita di una nuova società. Egli credeva fermamente che l’elettrone potesse essere divisibile e le prime discussioni a riguardo risalgono al periodo in cui sentiva la necessità di costruire una bomba

atomica. Non a caso, poco prima dell’esperimento atomico cinese, nel 1964, si diffusero su scala nazionale dibattiti su concetti quali “uno si divide in due” e “due si uniscono in uno”. La sua fissazione era allora la fisica delle particelle elementari, da cui traeva la corretta applicazione della dialettica marxista attraverso tensioni e cambiamenti» (p. 15). In particolare era convinto che la teoria della relatività di Einstein potesse essere il suo referente scientifico, senza nessun dei dubbi e delle avversioni che circolavano in ambiente sovietico. «La sperimentazione scientifica per Mao è importante per due motivi: serve a rimettere in piedi il Paese e a confermare le sue tesi sulla dialettica, sul materialismo storico e sulla lotta di classe come motore della storia. […] Mao in quel periodo ha fretta, non c’è solo da ricostruire la Cina, c’è una nuova società da creare» (pp. 15-16).

Per ragioni economiche e militari, il sorgere della Repubblica e la guerra di Corea implicano una stretta collaborazione con i sovietici (rispetto a cui fino allora l’esperienza cinese era stata fedele a parole ma sostanzialmente indipendente) e Mao stesso deve confrontarsi con una forte tendenza filo-sovietica verso cui è diffidente. Non a caso il cripto-sovietico Chen Boda, vice-presidente dell’Accademia delle Scienze, nel 1955 sostiene che i sovietici hanno sintetizzato anche tutta la ricerca “buona” occidentale. I modelli scientifici ed economici sovietici vengono largamente adottati e anche le ideologie deteriori come la biologia di Lysenko, che tuttavia incontra, per fortuna dei contadini, molte resistenze tanto Mao in persona interviene per sollecitare nel 1957 la ristampa sul “Quotidiano del popolo” dell’intervento “morganiano” di Li Ruqi al simposio sulla genetica di Qingdao dell’anno precedente.

Fra il 1954 e il 1957 Mao esprime una serie di critiche (rese pubbliche un decennio dopo) sia ai testi canonici staliniani (Problemi economici del socialismo in Urss, 1952) che alle posizioni di Krusciov e Togliatti, il cui punto fondamentale (tutto politico) è la continuazione della contraddizione come conflitto di classe dopo la conquista del potere, stavolta all’interno del Partito – da cui consegue un  diverso atteggiamento verso la neutralità della scienza e la mitizzazione dello sviluppo delle forze produttive. Dunque, paradossalmente, tanto un’apertura molto maggiore verso modelli scientifici e rami tecnologici non-standard (rispetto all’esperienza sovietica) quanto il lancio della rivoluzione culturale, con la sua sospensione per parecchi anni delle attività istituzionali di ricerca –eccetto l’area militare e la medicina ed agronomia tradizionali, dove si registrano importanti scoperte, come l’uso antimalarico dell’artemisia (con Tu Youyou) e la sperimentazione del riso ibrido con Yuan Lonping. La combinazione di questo orizzonte con il rientro patriottico di scienziati formatisi in Occidente spiega molto del precoce approccio cinese all’informatica e alla quantistica che fa l’originalità e l’alternatività cinese rispetto all’Urss e in seguito la migliore fuoriuscita dalla crisi del sistema socialista.

 

Il balzo più vistoso nell’evoluzione tecnologica si verifica però, dopo la chiusura della Rivoluzione culturale e la morte di Mao, con la presa del potere da parte dell’«accelerazionista» Deng Xiaoping, con le “quattro modernizzazioni” e la gestione operativa della sua covata  (Jang Zemin e Hu Jinbao), culminante nel programma 863. I nerd vanno al potere ma in quanto la competenza tecnocratica è sanzionata dalla fedeltà alla linea del Partito. Abbiamo così una modernizzazione senza occidentalizzazione della società e dei costumi (democrazia compresa), ma solo dei consumi e delle tecniche produttive – comunismo conclamato e capitalismo spinto. Pieranni mostra poi la crescente tendenza, a partire dagli anni Dieci, a fare dell’autosufficienza tecnologica un modello per tutto il Sud globale. Questa aspirazione egemonica caratterizza il periodo più recente della storia cinese, quella che ormai si delinea come l’era di Xi Jinping. In essa, per un verso, si compie il passaggio della Cina da “fabbrica del mondo” (produzione di massa a basso costo) a “mercato del mondo” (che assorbe prodotti occidentali) fino a superpotenza tecnologica specializzata in lavorazioni di alto livello, dal made in China al created in China.  Il calcolatore quantico fondato sui qubit è il punto d‘arrivo di un percorso iniziato con la curiosità del giovane Mao per la divisione delle particelle atomiche. Senza il comunismo però.

Il progresso nei settori elettronici d’avanguardia si manifesta però anche in una deriva crescente verso una società autoritaria della sorveglianza e del controllo, che viene immediatamente esportato in altri paesi. L’accresciuta presenza del Partito e dello Stato, a spese dell’anarchia e del potere concorrente di grandi gruppi privati riferiti al mercato globale segna un passaggio (sempre per tenerci a correnti storiche indigene) dallo spontaneismo confuciano dell’era di Deng  al neo-legismo di Xi. I suoi successi più vistosi (e preoccupanti) sono il firewall Grande Muraglia, il riconoscimento facciale, il Golden Shield Project di centralizzazione dei dati con finalità poliziesche. Errori riconosciuti: il disastro del figlio unico.  

Il presente è segnato dalla Via della Seta – che peraltro non implica innovazioni scientifiche ma applicazione riassuntiva di tipo logistico ed è fortemente osteggiato dagli Usa e satelliti europei. IA e ricerca spaziale sono le prossime tappe e la produzione di semi-conduttori il problema più acuto ma non irresolubile all’odg.

[Augusto Illuminati]

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