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L’entrata in guerra di Iris Origo: “Un brivido nell’aria”

Iris Origo

A Chill in the Air

Londra, Pushkin Press, 2017

Un brivido nell’aria

Bagno a Ripoli (Firenze), Passigli, 2019

 

Finalmente pubblicato in originale inglese un diario 1939-40  di Iris Origo di cui si aveva notizia dalle sue biografie, decifrato e curato dalla maggiore delle nipoti. Katia Lysy. Ne è appena uscita una traduzione in italiano, edita da Passigli che viene ad integrare quel diario della guerra in Val d’Orcia tanto popolare in Italia e all’estero, un gioiello delle memorie della guerra e della resistenza.

Il diario si apre il 27 marzo 1939, pochi giorni prima di quello dell’autorevole prefatore italiano della Guerra in Val d’Orcia, Piero Calamandrei (che inizia il primo aprile le sue Opinioni [dal titolo marcato sulla copertina del fascicolo]). Iris, a differenza di Piero, lo interromperà nel luglio del 1940, dopo l’entrata in guerra dell’Italia e alla vigilia della nascita della figlia Benedetta. Appena affidata la neonata alle cure di un’efficace organizzazione domestica, potrà dedicarsi al suo progetto di assistenza dei bambini profughi e dei tanti fuggiaschi che andrà raccogliendo nella sua proprietà in Val d’Orcia (prigionieri alleati in fuga), un’attività che la terrà impegnata fino al passaggio del fronte e alla  Liberazione, con un sostegno importante alle basi partigiane locali, dopo aver messo in salvo la sua piccola comunità con la marcia dalla Foce a Montepulciano, trovando rifugio nelle ultime ore che precedono l’arrivo degli Alleati a Palazzo Bracci.

Anche Iris, come Piero, si muove tra Roma, Firenze e la provincia di Siena, dove risiede con lo sposo, il marchese Antonio Origo, alla tenuta della Foce. Dopo le nozze nel 1924 e l’acquisto della proprietà della Foce, la coppia si è impiantata stabilmente nel senese, attingendo per il proprio esperimento rurale di stampo tolstoiano anche ai finanziamenti della bonifica fascista, con Antonio presidente del Consorzio locale. Il magnifico giardino nel gusto neorinascimentale degli inglesi impiantati in Toscana (architetto Pinsent) è il frutto invece di una donazione della nonna americana di Iris, preoccupata della mancanza di acqua corrente alla sua prima visita, come si racconta  in Immagini e ombre, memoria autobiografica di Iris.

Iris, così come tanti dei suoi amici inglesi, ha simpatizzato inizialmente con Mussolini, considerandolo un innovatore, e ne ha apprezzato la politica agraria, che ha consentito di trasformare l’arida terra dell’Orcia in coltivazioni produttive. Di ciò si trova traccia anche in nel testo 1939-40, nei commenti positivi alle riforme del latifondo che il fascismo vorrebbe attuare in Calabria e Sicilia.

Ma a parte questi apprezzamenti, le simpatie si sono ormai logorate nel precipitare degli schieramenti alla vigilia della guerra; e di questo testimonia il presente diario, che registra il progressivo distacco di Iris e la sua maturazione in senso antifascista, stimolata anche dagli amici Bracci Testasecca, che frequenta tra Roma e Montepulciano. C’è ancora un possibile ruolo di Mussolini nell’allontanare la guerra con una funzione mediatrice? O riuscirà il Duce almeno a tenerne fuori l’Italia? Iris spia con ansia gli eventi, avendo anche accesso ad informazioni di altissimo livello, grazie al padrino William Philips, ambasciatore americano a Roma e latore di proposte di mediazione di Roosevelt con promesse di concessioni per l’Italia.

Alle informazioni attinte ad alto livello, nelle cerchie diplomatiche e governative alle quali ha accesso, si affiancano le conversazioni colte in treno, i commenti dei contadini e della gente comune. È lo stesso procedere che constatiamo nelle pagine di Calamandrei, che registra una pluralità di fonti, alte e basse, offrendoci un affresco polifonico del precipitare della catastrofe bellica. Iris si rivela una formidabile osservatrice ed una fine mente politico-diplomatica, in quella caccia all’informazione che caratterizza i mesi dell approssimarsi della guerra e della propaganda che si intensifica falsificando i fatti. È la stessa sete di verità e lo stesso frenetico interrogarsi che respiriamo nei diari di Piero Calamandrei di quei mesi. La differenza è che mentre Calamandrei soffre la perdita della patria italiana che si sta per contrapporre alle sue patrie culturali e spirituali, Francia ed Inghilterra, e si sente esule in patria, Iris Origo, che il padre aveva voluto crescesse in Italia, a Firenze, in un ambiente cosmopolita, ritrova le sue radici angloamericane, e da tale punto di vista osserva i comportamenti italiani.

Mentre nel 1939 registra la resistenza psicologica dell’opinione pubblica italiana alla guerra, e soprattutto ad una guerra al fianco degli antichi avversari tedeschi, via via si rende conto dell’efficacia della propaganda del regime e della forza di convinzione che hanno i successi militari tedeschi, ed annota alla vigilia dell’entrata in guerra dell’Italia, a fine aprile 1940, che solo degli eclatanti successi degli Alleati potranno assicurare l’ascolto di loro proposte amichevoli da parte italiana. Per il momento la mediazione di Roosevelt (che assicurava concessioni mediterranee se l’Italia si fosse tenuta fuori) viene respinta al mittente sdegnosamente: ma in futuro gli Alleati saranno ancora disposti a proporre una via d’uscita all’Italia? Questa sarà la tragedia dell’Italia, scrive Iris, per coloro che ancora la amano e credono che possa svolgere un ruolo nella riedificazione della civiltà. Iris riesce quindi ad anticipare nella riflessione quanto avverrà con lo sbarco in Sicilia del 1943 e la tragica fase aperta l’8 settembre.

Nel frattempo gli Origo inaugurano il Dopolavoro della tenuta, alla presenza dei gerarchi locali e con un migliaio di “dopolavoristi” da tutta la provincia. È qui che viene loro richiesto di organizzare l’ascolto del discorso del Duce del 10 giugno, ma non essendoci ancora gli altoparlanti collegati, si preferisce radunare la gente nel Giardino della villa.  Mentre risuona il discorso “Combattenti di terra, di mare e dell’aria”, nei toni striduli trasmessi dalla radio, Iris spia le espressioni stolide con cui i contadini si proteggono per restare indecifrabili

Ma il 9 giugno ha annotato una significativa riflessione sulle reazioni degli italiani.

Si chiede come sia possibile mobilitare un paese in guerra contro le sue tradizioni ed i suoi stessi interessi, e gli istinti naturali ed il carattere della sua popolazione. Risponde che diciotto anni di fascismo non hanno distrutto lo spiritico critico di un popolo profondamente individualista e scettico come quello italiano, che ha un'”adattabilità fluida”, spesso identificata con l’opportunismo. I soli veramente convinti dell’alleanza con la Germania sono un drappello di gerarchi, politici di professione ambiziosi che vi scorgono l’occasione di accrescere ulteriormente il proprio potere. Sono questi giovani arroganti e ignoranti che vogliono l’intervento, mentre negli altri c’è “malinconica acquiescenza”, un “passivo fatalismo”; avrebbero preferito che l’Italia restasse fuori, ma i successi dell’Asse fanno sperare che ci sia qualcosa da guadagnare.

Il diario s’interrompe a fine luglio 1940 e il primo agosto nasce la figlia Benedetta. La gravidanza non era stata menzionata fino ai primi segnali di parto imminente. L’autrice annota a posteriori:

Il diario si interrompe a questo punto per la nascita di mia figlia il primo agosto. Avendo trovato una splendida nanny svizzera per aiutarmi con la bambina, in autunno decisi che l’inazione non era più tollerabile. Ci doveva essere sicuramente un lavoro da fare per una angloamericana e non fascista come me, per alleviare le sofferenze, al di fuori di ogni scopo di guerra! Nell’autunno 1940 ho cominciato a lavorare per la sezione Prigionieri della Croce rossa italiana, ed ho continuato fino alla primavera del 1943. Non c’era più tempo per scrivere.

La scrittura sarebbe stata ripresa per narrare questa epopea, rendendo omaggio alle capacità di resistenza ritrovate dagli italiani.

(Silvia Calamandrei)

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