Intervento di Silvia Calamandrei del 5 dicembre 2020, Università per Stranieri di Siena
Sabato 5 dicembre 2020 si è tenuto online un Convegno organizzato dall’Università per Stranieri di Siena, Prof. Anna Di Toro, in occasione del 50° anniversario dell’inizio dei rapporti diplomatici tra la Repubblica Italiana e la Repubblica Popolare Cinese.
Tra gli interventi, tutti di notevole interesse, c’era anche quello della nostra Presidente Silvia Calamandrei, che riportiamo a seguire.
Ringrazio l’Università per Stranieri, nostra partner nella gestione della Biblioteca Archivio di Montepulciano, in particolare per il nostro fondo librario e di documentazione sulla storia e la cultura della Cina antica e moderna.
Nel 2019, nella prospettiva del cinquantenario delle relazioni diplomatiche tra Italia e Cina, abbiamo cominciato a pensare con gli amici dell’UNISTRASI questo convegnoed io ho comunicato loro il progetto di rieditare un’antologia del numero straordinario de “Il Ponte” del 1956, considerandolo una tappa importante della conoscenza e degli scambi culturali tra i due paesi, frutto della visita nel 1955 di un variegato gruppo di intellettuali ed artisti italiani, guidati da Piero Calamandrei.
La delegazione culturale italiana visitò la Cina dal 24 settembre al 24 ottobre facendo tappa a Pechino, in diversi centri del Nord – Est, e nelle città di Shanghai, Hangzhou e Canton. Ne facevano parte i professori Norberto Bobbio, Piero Calamandrei, Emilio Durio, Rodolfo Margaria, Cesare Musatti, il patologo Lucio Benedetti, lo psichiatra Rosario Ruggeri, gli scrittori e giornalisti Franco Antonicelli, Umberto Barbaro, Carlo Bernari, Rocco Cacopardo, Carlo Cassola, Franco Fortini, Corrado Pizzinelli, Antonello Trombadori e Maria Regis, l’architetto Franco Berlanda, il pittore Ernesto Treccani.
La visita si può considerare una prima tappa, assieme alla visita di Pietro Nenni dello stesso anno, nella costruzione delle relazioni tra i due paesi, entrambi dotati di una storia millenaria.
Ad incoraggiarci c’era stata anche la pubblicazione il 7 luglio 2019 sul “Quotidiano del popolo” di un articolo dell’italianista Yang Lin, studiosa di letteratura italiana, che aveva partecipato ad un convegno dell’Unistrasidove l’avevo conosciuta.
L’articolo evidenziava come scrittori come Cassola e Fortini, membri di quella delegazione del 1955, avessero contribuito a veicolare un’immagine positiva della nuova Cina, gettando i semi di un’amicizia destinata a consolidarsi. Il suo articolo è stato tradotto sul Ponte ed è stato all’origine di una collaborazione che si è protratta nei mesi successivi, nonostante l’esplodere della pandemia.
Yang Lin aveva aderito con entusiasmo all’idea di lavorare in parallelo tra Italia e Cina per preparare il cinquantesimo.
Poi, quello che doveva essere l’anno della cultura e del turismo italocinese, inaugurato dai due Ministri della cultura all’Auditorium di Roma in gennaio, con un ricco programma di iniziative, è stato purtroppo funestato dal diffondersi del corona virus a livello globale, rendendo impossibili manifestazioni culturali e convegni pubblici
Ma quanto si poteva fare nell’isolamento coatto, alleggerito dai sistemi di comunicazione sempre più efficaci (mail, teleconferenze, telefonate) è proseguito: e da Pechino la professoressa Yang Lin ci ha permanentemente tenuto al corrente degli sviluppi nella preparazione del Libro blu che l’Accademia delle scienze sociali dedicava alla relazioni italo-cinesi, e del lavoro di selezione e traduzione in cinese dei saggi del “Ponte”del 1956.
La costruzione in parallelo di un’antologia di quel numero storico in Italia e in Cina ci è sembrata di ottimo auspicio.
Il rapporto annuale sullo sviluppo dell’Italia è il primo di una nuova serie e quest’anno è dedicato ai 50 anni dallo stabilimento delle relazioni diplomatiche tra Cina ed Italia.È stato curato da SunYanhong, studiosa di economia europea e italiana dell’Accademia delle Scienze Sociali,che analizza la situazione italiana del 2019, con particolare attenzione alla crisi ed al cambio di maggioranza di governo, dal governo giallo-verde a quello giallo-rosso, che sembrerebbe ricollocare l’Italia in una posizione più europeista. Noi studiamo la Cina interrogandoci, ma anche i cinesi studiano l’Italia, interrogandosi: è questo il bello della conoscenza reciproca da approfondire.
L’approccio che abbiamo voluto dare al numerospeciale del Ponte è volutamente storico filologico, e l’articolo sulla lunga gestazione del volume La Cina d’oggi del 1956 vuole contestualizzarlo nel clima politico e culturale dell’epoca.
Il saggio di Yang Lin che ricostruisce le origini delle relazioni culturali e diplomatiche si accompagna ai commenti che le sue studentesse hanno scritto alle loro traduzioni dei saggi del Ponte del 1956, dandoci un sentore, con la loro freschezza un po’ ingenua, della percezione di tali scritti in Cina a 65 anni di distanza da parte delle nuove generazioni.
La scelta antologica ha puntato sui saggi più significativi dal punto di vista politico e culturale. Diversa è la scelta antologica che è stata fatta in Cina, perché alcuni articoli documentari che a noi appaiono datati, risultano loro interessanti per ricostruire la realtà degli anni cinquanta nel proprio paese (un esempio è quello sulla condizione delle donne). Ma grande è sempre la loro emozione a leggere la dedica che lo scrittore Lao She scrisse per il numero del Ponte, in caratteri autografi, testo tradotto personalmente da Calamandrei dall’inglese.
Nell’appendice documentaria pubblichiamo due inediti: le note di viaggio di Piero Calamandrei, custodite nei faldoni dell’Istituto storico della resistenza e della storia contemporanea in Toscana (ISRT), e gli appunti di viaggio della sinologa Maria Regis, accompagnatrice del viaggio del 1955, messi a disposizione dai familiari.
Le note di viaggio manoscritte di Calamandrei saranno il filo conduttore di un altro volume in preparazione, un album fotografico curato da Silvia Bertolotti per la Fondazione Museo storico del Trentino, con foto di Calamandrei e di altri partecipanti al viaggio ed una serie di saggi di inquadramento, tra cuii contributi di Renata Pisu e della professoressa di Ca’ Foscari Laura De Giorgi. Il primo più personale, ricordando il suo impatto con la Cina negli anni cinquanta, il secondo con un approccio storico-politico.
Come mi è avvenuto già di sottolineare in un recente intervento al Convegno sull’azionismo di Torino, è interessante constatare l’attivismo di vari membri del Partito d’azione nei confronti del riconoscimento della Repubblica popolare cinese.
Ricordiamo che era Parri a presiedere il Centro studi per lo sviluppo delle relazioni economiche e culturali con la Cina, ed il suo incoraggiamento a Calamandrei, Bobbio, Antonicelli ed altri a intraprendere la visita del 1955.
In un denso saggio dedicato alla scoperta della Cina di Mao da parte degli intellettuali europei nel 1955[1], Luca Polese Remaggi coglie bene come nell’immaginario cinese gli intellettuali azionisti riversino e sublimino le loro delusioni per il fallimento dei contenuti più radicali della Resistenza in ambito europeo. Vale per Franco Antonicelli, convinto che la rivoluzione cinese abbia fatto del popolo “il protagonista della sua nuova storia”[2], ma vale tanto più per Calamandrei, che proietta sul corpo della Cina il progetto azionista, con accenti mazziniani a proposito dell’intreccio tra liberazione nazionale e liberazione sociale.
Meno di un mese prima di morire Piero Calamandrei si preoccupa di assicurare la migliore accoglienza a una delegazione in partenza per la Cina presieduta da Ferruccio Parri. Scrive al figlio Franco il 24 agosto[3]:
«Fa’ per loro quanto più puoi: ma soprattutto fa’ capire agli amici cinesi l’importanza che ha per tutta la democrazia italiana Ferruccio Parri, che è per noi il simbolo più alto della Resistenza e che specialmente in questi ultimi anni ha seguito sempre, affrontando la miseria e l’isolamento, una politica di grande comprensione ed apertura, anche in politica internazionale. Bisogna che i Cinesi comprendano che, anche se Parri non ha oggi una posizione ufficiale, egli è oggi, per tutto lo schieramento di sinistra, il simbolo della fedeltà alla Resistenza e del progresso socialista verso il quale anche l’Italia si incammina».
Di ritorno dalla Cina Ferruccio Parri così commenta il suo viaggio, nell’ottobre del 1956:
«È il contatto diretto che dà anche allo spettatore più ottuso o più prevenuto il senso della grandiosità e portata storica di un paese di 600 milioni di abitanti che riprende la sua marcia. […]
Dobbiamo perseverare ed aggravare la separazione inconciliabile delle civiltà e delle culture? In questo campo la Cina è largamente aperta alla presenza ed influenza italiana. Pochi paesi possono contare su un credito culturale ed artistico così incondizionato e diffuso. Ancora una volta si è offerta all’Italia l’occasione di una mediazione storica tra la civiltà occidentale e l’Oriente. Qualche cosa i privati hanno fatto; nulla il mondo ufficiale. Ed io stesso mi sono dovuto ricredere sulla tanto maggior importanza ed efficacia dello strumento culturale rispetto ai rapporti economici. Neppure questi sono indifferenti, ma il loro possibile sviluppo, certo importante, è direttamente condizionato da una modificazione, almeno, dei rapporti politici»[4].
Anche Parri, come Calamandrei, invitava a guardare oltre la Grande Muraglia, a costruire un ponte di comunicazione e scambio con la Cina. Erano i tempi della Guerra fredda, della divisione del mondo in blocchi contrapposti, ma questi uomini invitavano ad andare al di là di orizzonti ristretti e confini.
In questi cinquant’anni dal riconoscimento diplomatico la nostra conoscenza reciproca si è ampliata ed approfondita, gli scambi culturali e commerciali si sono i
intensificati, ma rischiamo di riprecipitare in una difficoltà di comunicazione, dovuta a visioni semplificate e propagandistiche che si diffondono dall’una e dall’altra parte. Inquietanti segnali si avvertono di diffidenza reciproca, acutizzati dalla pandemia
Ben vengano iniziative come quella odierna, di studio ed approfondimento, in un dialogo fecondo tra Italia e Cina.
Silvia Calamandrei
[1]Pechino 1955. Intellettuali e politici europei alla scoperta della Cina di Mao, «Mondo contemporaneo», n.3-2010..
[2] F. Antonicelli, Immagini del nuovo anno, Franco Parenti 1956, p. 189
[3]Lettere op.cit., pp. 504-505.
[4]Ferruccio Parri, Appunti autografi, Archivio centrale dello Stato, fondo Parri, b. 130, fasc. 635… trascrizione di Celeste Gaudino in appendice alla sua tesi, pp. 120-120. Le riflessioni sono compendiate in articolo su “Nuova Repubblica”, 28 ottobre 1956, intitolato L’Italia e la Cina.