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Come fu temprata Terni: storia corale di una città industriale dell’Italia centrale

Come fu temprata Terni: storia corale di una città industriale dell’Italia centrale

Alessandro Portelli

La città dell’acciaio, Due secoli di storia operaia

Roma, Donzelli, 2017

 

Ringraziando autore ed editore per l’omaggio alla nostra biblioteca, consideriamo questo libro un prezioso strumento di lavoro e di consultazione e un modello di indagine e di narrazione.

Il nostro massimo specialista di storia orale, Alessandro Portelli, attento interprete della letteratura, poesia e tradizione orale americana e delle sue ballate e canzoni da Gouthrie a Springsteen, e narratore della vicenda controversa dell’eccidio delle Fosse Ardeatine in L’ordine è già stato eseguito, ha raccolto qui le ricerche ed interviste condotte nel corso di quarant’anni sulla storia della classe operaia ternana, delle sue battaglie, delle sue sconfitte e del suo declino. Più di duecento interviste che hanno come protagonisti dai più anziani, nati ancora nell’Ottocento, spettatori della nascita della siderurgia a Terni, ai giovanissimi, nati sul finire del Novecento, che assistono al suo smantellamento.

Non è la classe operaia “rude razza pagana” di Tronti, che in una intervista del 1980 così descrive la sua delusione :

“È un operaio contadino. I miei ricordi sono di questi operai che partivano la mattina, con questo autobus, verso le sei, e poi i tre turni. È una fabbrica a ciclo integrale quindi. C’è questa mobilità quotidiana,. E poi questo ritorno in questo…idillio campestre, no?  Perché la mentalità continuava ad essere  una mentalità, più che contadina, campagnola, nel senso che non hanno proprio la struttura sociale del contadino, solo la struttura mentale, la struttura civile. Sono molto legati al luogo d’origine, al paese”. 

Insomma Terni non è Mirafiori, ma ci sono stati anche qui il biennio rosso, le occupazioni, la resistenza degli arditi allo squadrismo fascista, la mobilitazione operaia nella Resistenza, le lotte del dopoguerra. In una città industriale nata quasi dal nulla, con un progetto di produzione di marca statale, volta all’industria degli armamenti, che acquista grande sviluppo alla vigilia e durante la Grande Guerra, scelta perché all’interno, lontano dalle coste, meno vulnerabile come polo dell’industria bellica.

Con la crisi della siderurgia alla fine del Novecento la privatizzazione della Thyssen Krupp e poi la dismissione: una nuova stagione di lotte, ma sulla difensiva. È cambiato anche il linguaggio, e lo rimarca Portelli attento alle parole:

“La differenza principale fra il 1953 e il 2004 è il linguaggio. Gli operai facevano le stesse cose- scioperi, blocchi, picchetti, scontri fisici con la gerarchia aziendale. Ma usavano altre parole. Nel 1953, ne licenziavano a migliaia, ma erano persuasi che la loro non era solo una lotta difensiva, si sentivano come l’avanguardia di una nuova e più giusta società. Difendere il posto di lavoro significava tenere aperta una visione del futuro. […]

Fra gli anni ottanta e novanta, il linguaggio era ancora quello dell’identità di classe e della politica operaia. Nel 2004, di grande vittoria non si parlava proprio. […] La vittoria sperata era solo non farsi buttare indietro, non perdere quello che si era conquistato, non tornare nel passato. La cosa che veramente era scomparsa, fra l principio degli anni ottanta e l’inizio del terzo millennio, era un’idea del futuro”.

C’è però una memoria del vissuto che si trasmette attraverso le generazioni, e fa la storia di un luogo e dei suoi abitanti: la “ternitudine”. Lo storico è lì per registrarla. Perché come spiega Portelli nell’introduzione, anche la storia ipotetica e quella immaginaria sono importanti: la memoria non “come magazzino di fatti”, ma “come matrice di significati”. L’argomento della ricerca è la catena di rapporti intrecciati ed ambigui fra narratori e narratari, tra evento, immaginazione, racconto, fra storia e soggettività. E il protagonista è una una memoria collettiva raccolta attraverso tante voci e tante soggettività, maschili e femminili, di generazioni che si succedono e si passano il testimone. Un modo di far storia che aiuta a far emergere stratificazioni profonde in tutta la loro complessità.

(SIlvia Calamandrei)

 

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