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Come Capri, vista da Procida: “Le poche cose certe” di Valentina Farinaccio

Valentina Farinaccio

Le poche cose certe

Milano, Mondadori, 2018.

 

Dell’opera prima di Valentina Farinaccio (La strada del ritorno è sempre più corta, 2016 ) avevamo sottolineato la fresca scrittura al femminile radicata nella provincia e negli affetti familiari, la scioltezza narrativa e la ricchezza di riferimenti e metafore nell’orizzonte della musica, del consumo e della pubblicità.

Con il nuovo romanzo breve Le poche cose certe la scrittrice affronta la città di approdo, Roma, e si permette un protagonista maschile Arturo, bloccato su un tram della Prenestina, metafora della sua impasse ad affrontare la vita.

Il suo nome riecheggia il titolo del romanzo della Morante ambientato a Procida, isola in cui la madre Immacolata lo ha in certo modo concepito, ma soprattutto dove l’autrice ha concepito e scritto il romanzo. In quel soggiorno di Procida ha elaborato la metafora delle due isole separate dal mare, guardando Capri, che sembra in un’ illusione ottica a portata di mano quando sta per arrivare il cattivo tempo. Ed è a Procida che ha immaginato Atlantide, la donna dell’appuntamento mancato a causa del guasto al tram, che rievoca l’isola felice inghiottita dalle acque.

Il tram che si blocca, il cellulare che si scarica, e l’incontro risolutivo, il miraggio della felicità scompaiono. Arturo si crogiola e si perde e non servono i viaggi a Lourdes dei genitori Immacolata e Dino a riscattarlo dal buco nero in cui si è cacciato:

la loro richiesta alla Madonna è che il figlio smetta di drogarsi, incontri una brava ragazza e soprattutto “trovi il modo”. La brava ragazza c’è, si chiama Celeste, ma Arturo la perde, la lascia andare via, ed il “modo” Arturo stenta a trovarlo, anche quando ha abbandonato la coca.

La scrittrice sembra quasi scusarsi con i lettori per il protagonista:

“Se a qualche scrittore fosse venuta la pazza idea di infilarlo in un romanzo, un essere umano così, il lettore avrebbe avuto il sacrosanto diritto di liquidarlo con due schiaffi immaginati. Inetto, pauroso, ingrato nei confronti di una vita che lo aspettava, mentre lui appositamente ritardava”.

I capitoli si alternano con il titolo Andata o Ritorno, scandendo l’andirivieni da Porta Maggiore del tram n. 14: ma finalmente ce n’è uno intitolato Fermata, che annuncia un possibile riscatto. Curiosamente il riscatto è reso possibile da una paternità per caso, non certa, da verificare con un test del DNA.

Il male che Valentina Farinaccio ci racconta è “il male che fa una cosa bella , quando sembra così vicina e invece è lontanissima. Come Capri, vista da Procida, quando sta per piovere.”

(Silvia Calamandrei)

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