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A Chiusi un interessante “espediente” letterario per una memoria locale: “Frontiera due” di Giulio Baricci

L’Istituzione è lieta di dar notizia di questa interessante presentazione:

 

Giulio P. Baricci

Frontiera due

San Quirico d’Orcia, Editrice Don Chisciotte, 2015

I chianini come gli indiani d’America?


Sabato 20 febbraio 2016, ore 17.30, presso il Museo Civico Città Sotterranea di Chiusi

 

Tanta memoria si accumula e circola nelle case e nelle famiglie, e si trasmette attraverso le generazioni: Giulio Baricci immagina che sia una casa a parlarci e a raccontarci le vicende a cui ha assistito e di cui è stata teatro, e non una casa qualsiasi ma una Leopoldina, una delle tante unità poderali che vennero edificate in Val di Chiana all’epoca della bonifica di Pietro Leopoldo, più precisamente Frontiera due, che dà il titolo al suo romanzo.

L’espediente letterario per avviare la sua lunga narrazione (quattrocento pagine) è il classico ritrovamento di manoscritti in una casa colonica abbandonata: quattordici quaderni con le pagine scolorite che cerca di ricomporre rintracciando un filo, anche se ammette di aver perduto ogni tanto il bandolo della matassa. Il suo invito è a perdersi con lui in questo groviglio di storie, ritrovando emozioni da condividere.

Ogni capitolo-quaderno è introdotto dalla citazione di una canzone (Fossati, , Bianconi, Gaber, De Gregori…) a ricordarci che l’autore, oltre che biologo, è appassionato musicista. E la musicalità si avverte anche nella lingua e nel ritmo della narrazione, nel gusto per le parole e le espressioni dialettali, nelle enumerazioni dei soprannomi e nel ritmo serrato da rap di certe descrizioni.

L’approccio da geologo alla Chiana si intreccia a quello da antropologo verso i suoi abitanti, ma la scienza è sempre intrecciata con l’affetto, come quando accosta i contadini della Chiana agli indiani d’America:

Erano uomini selvatici e forti anche loro, attaccati alla terra e alle tradizioni, sottomessi da padroni stranieri e imbrogliati da certi avventurieri che spadroneggiavano in quei posti. Inoltre i nomi dei pellerossa e i soprannomi dei contadini, per buffi che potessero sembrare, contribuivano a far sì che la convergenza tra le due razze geograficamente così distanti fosse ancora più marcata.

-In fondo- diceva Mario- che differenza c’è tra Torello del Bisti e Grand’Orso dei Sioux, o tra Leprino di Valiano e Falchetto del Montana? […] Proprio nessuna! E tra un uccello padulo e un corvo texano o tra una spianata della Fratta e una prateria dell’Oklahoma? Niente di niente!

 Il botanico e l’agronomo si fanno sentire nelle descrizioni della vegetazione e delle coltivazioni, ed una lunga digressione è dedicata all’allevamento dei bachi da seta coi gelsi della Chiana, impresa in cui si concentra una fattoria dell’Abbadia.

Tanti i personaggi storici, da Pietro Leopoldo e Fossombroni a Garibaldi di passaggio e tante le figure ispirate a personaggi reali di cui si tramandano le imprese, come il garibaldino locale o il combattente nella Grande Guerra, l’ebrea tradita e consegnata ai tedeschi e il mezzadro che dirige lo sciopero dei suoi compagni. A volte le storie si affastellano ed i fili si ingarbugliano e forse sarebbe stato il caso di scandire meglio le vicende e limare i troppi dettagli.

Baricci ha l’approccio del cantastorie e spetta al lettore trovare le proprie gemme.

(Silvia Calamandrei)

 

 

 

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