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Il filo del gomitolo parte da Caporetto: “Prima di noi” di Giorgio Fontana

Giorgio Fontana

Prima di noi

Palermo, Sellerio, 2020

 

Giorgio Fontana (1981) mette in scena personaggi che si potrebbero definire secondari, tessendo una narrazione corale della storia italiana tra il Friuli e la Lombardia, da Caporetto ai giorni nostri, in cui la “meglio gioventù” sembra condannata ad emigrare. Non ci sono eroi né eroine in questa saga familiare, né protagonisti forti, ma tante individualità sfaccettate, che compongono un arcipelago diluito nelle generazioni.: quello della famiglia Sartori sgranata nei decenni e nei luoghi, tra Udine e la periferia milanese.

Se in romanzi precedenti come Per legge superiore (2011) e Morte di un uomo felice (2014) ci aveva descritto stagioni milanesi relativamente recenti, ed aveva scelto come protagonisti sofferte figure di magistrati, che si interrogavano sulla giustizia, stavolta Fontana si misura con l’arco di un secolo, dando prova di maturità e capacità di costruzione di un microcosmo articolato che gli consente di affrontare molteplici stagioni della biografia di una nazione.

La narrazione, che parte da uno spunto autobiografico (un bisnonno disertore a Caporetto), si dipana dettagliata nel succedersi di quattro generazioni, e l’autore si è documentato a lungo prima di darci queste quasi novecento pagine. Un’operazione del genere l’aveva tentata Scurati, prima nella vicenda che intrecciava la biografia di Leone Ginzburg a quella della sua famiglia, Il tempo migliore della nostra vita (2015), poi con M (2018), primo tomo di una trilogia.

Scandagliare la nostra storia, fare i conti con un paese variegato e dalle infinite identità non riconciliate, è un’ambizione forte e va dato atto a Fontana di coraggio e di sforzo di rappresentazione di un universo molteplice e sfuggente.

I personaggi forse più sentiti ed autentici sono quelli della generazione dell’autore e di quella immediatamente precedente dei padri e delle madri, nella Milano di Piazza Fontana e di Pinelli fino all’Irlanda del precariato universitario o dei Balcani da fotografare. E particolarmente riuscite alcune figure femminili, come l’anarchica Eloisa o la cantante Diana, o la madre devota che abbandona il figlioletto per andare a fare la volontaria in Africa, mentre i due capostipite, Gabriele e Renzo, l’intellettuale e l’operaio, il moderato ed il comunista, appaiono talvolta un po’ stereotipati. Diventano più veri nell’invecchiamento e nella perdita di lucidità, tra Alzheimer e badanti, quando anche il loro contrasto perde di significato.

Alti e bassi di una storia il cui filo continua a svolgersi, partendo non a caso da uno sbandamento ed una sconfitta.

(Silvia Calamandrei)

 

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