Yan Lianke
I quattro
libri
Milano, Nottetempo, 2018
Censurato in Cina , il romanzo di Yan Lianke (originale
cinese 2010) prende di petto l'epopea del Grande Balzo in avanti descrivendo la
folle corsa alla iperproduzione agricola e siderurgica scatenata dal Partito
comunista cinese nella competizione per superare l'Inghilterra. La vicenda
è ambientata in un campo di rieducazione
ai bordi del Fiume Giallo dove sono riuniti vari personaggi ivi esiliati come "elementi di destra":
intellettuali, artisti, religiosi, musicisti, tutti sorvegliati da un capo
denominato il Bambino, che li punisce e li ricompensa a seconda del comportamento
e dei risultati che gli fanno raggiungere. Già, perché il sistema del
"sorvegliare e punire", verticalmente ordinato, pervade l'intera società, nella
corsa a raggiungere obiettivi mirabolanti, continuamente gonfiati al rialzo per
compiacere i superiori.
Con la vena ironico-satirica che gli è familiare (pensiamo
al racconto Servire il popolo, che
gli ha guadagnato la notorietà in Italia nella traduzione di Patrizia Liberati
pubblicata da Einaudi nel 2006), Yan Lianke ci descrive i meccanismi infernali
del campo concentrazionario, dove i prigionieri si spiano e si denunciano a
vicenda, nella speranza di ingraziarsi l'autorità e di guadagnarsene il
perdono, e si prodigano a mettere le loro competenze al servizio del potere. Ma non mancano anche le trovate ingegnose
come quella del Religioso che nasconde una copia della Bibbia dentro il
Capitale, cercando di sfuggire ai roghi dei libri. E lo squallore della caccia
alla coppia di adulteri nella speranza di sorprenderli sul fatto e ricevere una
ricompensa.
Lo scrittore alterna la satira alla tragedia, come già nel Villaggio dei Ding (Nottetempo 2011)dedicato
alla spaventosa diffusione dell'AIDS a seguito delle donazioni di sangue. E ci racconta dell'acciaio prodotto dalla
sabbia nera lungo il Fiume Giallo, raccolto con le calamite, in fornaci
alimentate dalla distruzione degli alberi fino a creare un paesaggio desolato. E
degli infiniti imbrogli per far fronte alla realizzazione di obiettivi
impossibili e assicurarsi un viaggio a Pechino o un riconoscimento di
esperienza modello, con tanti fiori rossi di carta in omaggio. La follia
pervade l'intera gerarchia nel truccare i dati statistici preparando la
terribile carestia che seguirà all'immane sforzo produttivistico.
Le vicende sono narrate alternativamente in prima persona
dallo Scrittore, che è stato autorizzato a scrivere una Cronaca dei criminali da consegnare alle autorità come forma di
denuncia dei compagni, ma si ripromette anche una narrazione libera da
pubblicare in futuro,intitolata Il
vecchio corso, e in terza persona ne
ll figlio del cielo, manoscritto
ritrovato dall'autore. Con l'aggiunta nel finale de Il mito di Sisifo, opera attribuita all'Erudito, si spiega il titolo dei Quattro libri, che è anche un riferimento ai quattro classici
confuciani. La costruzione è un po' macchinosa, ma consente allo scrittore
l'alternarsi di registri e di punti di vista, presentando un assemblaggio di
testi che vogliono dare l'impressione di testimonianze riaffiorate dal passato.
La narrazione passa dal grottesco al tragico via via che
l'esperimento produttivistico volge al fallimento e subentra la fame, la caccia
alle erbe selvatiche e alle cortecce, la lotta per la sopravvivenza. Si era
tentato di nutrire col proprio sangue le spighe di grano per produrre chicchi
straordinari, ed ora ci si avventa sulla propria stessa carne per non morire di
fame. E si scopre che l'intero paese è in preda alla stessa catastrofe e che i
detenuti non hanno più dove fuggire. Il Bambino che simboleggia un potere
ottuso, ma in qualche modo innocente nella propria ignoranza ed
inconsapevolezza, finisce per crocifiggersi conquistato dalle letture bibliche
che il Religioso gli ha trasmesso e riconsegna a tutti i libri sequestrati che
ancora non aveva fatto in tempo a bruciare.
Il più tragico è proprio il racconto finale ispirato al mito
di Sisifo, scritto dall'Erudito, perché
c'è una assuefazione al supplizio, un'armonia ed una serenità trovata nell'espiazione. La capacità di
adattamento, che sembra una atroce metafora di un'esperienza storica che non si
può dare per conclusa. Campi di rieducazione continuano ad esistere, e forse
per questo il romanzo non può circolare in Cina.
Come recita l'incipit dello Scrittore per il suo libro
autentico, Il vecchio corso: " Il
campo di rieducazione costituisce l'elementO storico e l'espressione più
peculiare di questo paese, come le cicatrici sul tronco di un vecchio albero, e
finisce per diventare l'occhio attraverso cui contemplare il mondo".
Nel frattempo la Cina di Xi Jinping ha superato di gran
lunga l'Inghilterra e forse gli stessi Stati Uniti; non ha bisogno di truccare
i dati produttivi nella competizione globale, ma non riesce a fare i conti con
la propria storia e a fare a meno della censura. Il pathos della narrazione di
Yan Lianke fa da contrappunto alla aridità delle cifre e delle testimonianze
raccolte dal giornalista Yang Jisheng in Tombstone,
l'opera sulla Grande Carestia 1958-1962 pubblicato nel 2008 ad Hongkong,
anch'esso proibito in Cina.
(Silvia Calamandrei)